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 |  Quaresima (2): 
				tempo di "agonismo spirituale"  
				Gesù è stato per quaranta 
				giorni nel deserto tentato dal diavolo. Quaranta giorni di 
				digiuno. Cosa c’entra il digiuno, il cibo, con i problemi etici, 
				politici, religiosi del nostro tempo? Con la crisi economica che 
				stiamo attraversando, con le difficoltà di un dialogo che, a più 
				livelli, sembra dimenticare l’altro, i suoi diritti, a volte la 
				sua stessa dignità? Cosa c’entra il deserto, quel restare 
				isolato dal mondo, esposto alla fame, appunto, alla sete?(Dal vangelo di Luca abbiamo la risposta): “Gesù, pieno di 
				Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo 
				Spirito nel deserto”. Non aveva bisogno di altro, confidava 
				totalmente in Dio. Così anche le tentazioni, ha ricordato 
				Benedetto XVI all’Angelus (dello scorso 21 febbraio), “non 
				furono un incidente di percorso, ma la conseguenza della scelta 
				di Gesù di seguire la missione affidatagli dal padre”.
 
 
				La pratica del digiuno è comune a tutte le tradizioni religiose 
				e filosofiche, ed è soprattutto occasione per prendere coscienza 
				della propria identità. Cristo, ha ricordato il Papa, “è venuto 
				nel mondo per liberarci dal peccato e dal fascino ambiguo di 
				progettare la nostra vita a prescindere da Dio”. E lo ha fatto 
				non con “proclami altisonanti” ma con il mettersi in gioco, 
				lottando contro il tentatore. Così la Quaresima, quei quaranta 
				giorni di preparazione alla Pasqua, sono occasione per rileggere 
				la nostra vita e il suo confrontarsi con se stessi, con gli 
				altri, con il creato, soprattutto con Dio. È un mettere ordine, 
				in sostanza, alla nostra esistenza, e questo perché “il mondo – 
				ha ricordato  il Papa – si migliora incominciando da se stessi, 
				cambiando, con la grazia di Dio, ciò che non va nella propria 
				vita”. Soprattutto è un cogliere, nell’essenzialità di un 
				digiuno, ciò che veramente più conta, lasciando da parte inutili 
				orpelli. In un certo senso è quel ritrovare uno stile di vita 
				essenziale – la scorsa Pasqua il Papa parlava di uno stile di 
				vita “azzimo”, non lievitato – che mette al primo posto quel 
				qualcosa che è al di fuori di noi e che guida i nostri passi.
 Nel digiuno c’è anche una fragilità fisica e si è ancor più 
				bisognosi di sostegno. Fragilità che in qualche modo si può 
				leggere nelle tre tentazioni che Benedetto XVI ha ricordato 
				all’Angelus; tentazioni cui Satana sottopone Gesù. Innanzitutto 
				la fame, cioè il bisogno materiale: “Se tu sei Figlio di Dio, 
				di’ a questa pietra che diventi pane. Ma Gesù risponde con la 
				Sacra Scrittura: non di solo pane vivrà l’uomo”. La seconda 
				tentazione è “l’inganno del potere”, il diavolo che mostra a 
				Gesù “tutti i regni della terra e dice: tutto sarà tuo se, 
				prostrandoti, mi adorerai”. Gesù, ha ricordato ancora il Papa, 
				“smaschera questo tentativo e lo respinge: il Signore, Dio tuo, 
				adorerai: a lui solo renderai culto. Non adorazione del potere, 
				ma solo di Dio, della verità e dell’amore”. La terza tentazione 
				è la proposta di compiere un miracolo spettacolare, “gettarsi 
				dalle alte mura del Tempio e farsi salvare dagli angeli, così 
				che tutti avrebbero creduto in Lui. Ma Gesù risponde che Dio non 
				va mai messo alla prova. Non possiamo fare un esperimento nel 
				quale Dio deve rispondere e mostrarsi Dio: dobbiamo credere in 
				Lui! Non dobbiamo fare di Dio materiale del nostro esperimento”.
 Ed ecco che quella debolezza del digiuno, che ci rende fragili 
				ma che, nello stesso tempo, ci chiede di essere forti nel 
				resistere alla tentazione, trova un “cibo” capace di nutrire e 
				orientare le nostre scelte. Ed è sempre papa Benedetto che ci 
				aiuta in questa ricerca, offrendoci questa lettura della Sacra 
				Scrittura: “Gesù antepone ai criteri umani l’unico criterio 
				autentico: l’obbedienza, la conformità con la volontà di Dio, 
				che è il fondamento del nostro essere. Anche questo è un 
				insegnamento fondamentale per noi: se portiamo nella mente e nel 
				cuore la Parola di Dio, se questa entra nella nostra vita, se 
				abbiamo fiducia in Dio, possiamo respingere ogni genere di 
				inganno del tentatore”. Anche l’uomo di oggi conosce nel suo 
				profondo la tentazione del potere, dell’ambizione e 
				dell’edonismo e deve sconfiggerle grazie all’obbedienza a Dio. 
				Anche qui l’immagine che papa Benedetto offre, è di aiuto alla 
				nostra riflessione: Cristo è il nuovo Adamo, dunque fratello 
				dell’uomo, “umile e obbediente al Padre” e, dunque, capace di 
				resistere alla tentazione di essere immortali senza Dio, cosa 
				che non riuscì al primo uomo e alla prima donna, nell’Eden. Ma 
				nello stesso tempo, Cristo non usa la propria divinità per 
				opprimere gli uomini: egli è figlio del Padre, ma anche fratello 
				dell’uomo, nella sua fragilità.
 Scrive il Papa nel messaggio per la Quaresima: “Adamo ed Eva, 
				sedotti dalla menzogna di Satana, afferrando il misterioso 
				frutto contro il comando divino, hanno sostituito alla logica 
				del confidare nell’Amore quella del sospetto e della 
				competizione; alla logica del ricevere, dell’attendere fiducioso 
				dall’Altro, quella ansiosa dell’afferrare e del fare da sé, 
				sperimentando come risultato un senso di inquietudine e di 
				incertezza.”
 
 
 
				La Quaresima è occasione per 
				ripensare il proprio cammino: “È come un lungo ritiro, durante 
				il quale rientrare in se stessi e ascoltare la voce di Dio, per 
				vincere le tentazioni del maligno e trovare la verità del nostro 
				essere. Un tempo, possiamo dire, di ‘agonismo’ spirituale da 
				vivere insieme con Gesù, non con orgoglio e presunzione, ma 
				usando le armi della fede, cioè la preghiera, l’ascolto della 
				Parola di Dio e la penitenza”. 
				(Fabio Zavattaro, per 
				agenzia SIR)   |