L'Omelia di 
  don Luigi Caldera 
  della S. Messa Solenne nella Notte di Natale '05
  Ciao Maria,
  come va? E’stato faticoso il viaggio, è stata dura essere rifiutata da tutti e 
  sentirsi dire che non c’era posto cosi da ridurti a far nascere tuo figlio in 
  una stalla.
 
  Ma adesso, 
  guarda, tutti vengono verso di te portando qualcosa 
 
  Si, è vero, mi è costato molto e mi ha fatto 
  soffrire questo atteggiamento, ma la gioia della nascita di mio figlio mi ha 
  fatto dimenticare tutto e poi, anche qui, questa notte molti mi stanno 
  dimostrando affetto e attenzione.
 
  Una cosa (tra le tante) che ti invidio è la tua 
  capacità di vivere rapporti veri con le persone, in modo attento a loro e 
  senza farti condizionare dalle difficoltà, dalle pigrizie, dai giudizi o 
  pregiudizi degli altri, pronta a superare i problemi.
 
  Non potevo 
  lasciare sola mia cugina Elisabetta. Qualche volta siamo pronti ad aiutare 
  chiunque tranne che i parenti, i più vicini. Sono andata da lei per 
  condividere di persona la gioia che ci accomunava, entrambe in attesa di un 
  figlio!
 
  Spiegati meglio
 
Si, il Natale è anche questo, il miracolo della maternità nel corpo di una donna, la libertà di dire si all’accoglienza di una vita.
  Maria, te lo dico sottovoce: non riesco a 
  spiegarmi perché da noi oggi chiunque cambia tranquillamente la Costituzione, 
  ma nessuno pensa che si possa cambiare la 194, la legge sull’interruzione 
  volontaria della gravidanza. E pensa che non chissà dove, ma nel nostro 
  ospedale di Cernusco si fa un aborto ogni due nascite. 
 
  E’molto 
  bello che la cultura cristiana si fondi su un evento di ordinaria meraviglia, 
  una nascita. E’una nascita come tante altre, povera, marginale, che nel 
  presepe compone il nucleo essenziale di una famiglia sacra, ma qualunque. Una 
  madre, un padre, un neonato. Il fatto che la vostra festa più amata e più 
  legata alla tradizione ruoti intorno alla semplice venuta al mondo di un 
  bambino, riverbera su ogni nascita umana un’aura di sacralità e di miracolo.
 
  E’ paradossale, ma chissà perché tante volte 
  riusciamo di più a farci vicini agli altri, per condividere il loro dolore che 
  per condividere la gioia, come se una strana invidia ci trattenesse.
 
  I rapporti 
  primari di parentela e di amicizia sono fondamentali. La famiglia soprattutto 
  è luogo per crescere nell’amore come dono di sè, dedizione, sacrificio, nel 
  senso di rendersi sacri, di votarsi a una causa
 
  E poi è incredibile questa capacità di 
  incontrare l’altro e di comunicare senza paura di andare per le montagne. Ed 
  eri solo un’adolescente… 
 
  Si, senza 
  cellulari, indirizzi mail o altre cose simili. Ma ci tenevo troppo a far 
  vedere con una scelta concreta che far entrare la parola del Padre in me 
  diventava una spinta grandiosa, irresistibile per andare verso gli altri, 
  rendendo vero quello che stavo vivendo attraverso un servizio nascosto, 
  gratuito e disinteressato.
 
  E’proprio vero: ci sono tante persone che 
  mettono intelligenza, tempo, soldi a servizio degli altri senza alcun 
  tornaconto e gratificazione personale. Forse è questa la ragione per cui i 
  pastori ci attirano sempre. Ma questo rende ancor più incomprensibile 
  l’atteggiamento di chi usa gli altri solo per sfruttarli. 
 
  La gratuità 
  è ben espressa dagli atteggiamenti dei pastori che portano i doni più 
  disparati senza un perché preciso. E oggi il volontariato è una gran cosa. 
 
  Si, anche nella nostra comunità sono tante le 
  persone che si danno da fare per gli altri. E la gratuità delle loro scelte 
  rimanda alla grazia che è segno dell’amore divino.
 
  Fai come 
  Dio, diventa uomo! E’questo il messaggio da trasmettere, perché crescano 
  uomini e donne veri. 
 
  Maria, oggi la tenerezza sembra impallidita. Ho 
  trovato una frase di Jean Paul Sartre (lo conosci? E’ nato 100 anni fa e morto 
  nel 1980) che suona così: “carezzando l’altro, io faccio nascere l’altro con 
  la mia carezza, sotto le mie dita. La carezza fa parte di quei riti che 
  ‘incarnano’ l’altro, fa nascere l’altro come carne per me e per lui”. Non 
  sempre anima e corpo si fondono in una unità d’amore. 
 
  Don Luigi, 
  ti ho visto qualche sera fa: sei rimasto sorpreso quando una signorina ti 
  stava raccontando le sue storie. Ti ha detto che, dopo esperienze molteplici e 
  variopinte, avrebbe sposato l’uomo (lei lo chiamava ragazzo) con cui sta 
  adesso perché ‘questo la rispetta!’. E lei stessa ne era piacevolmente stupita 
  mentre te lo raccontava.
 
  Non ti si può nascondere nulla!
 
  Ti voglio 
  fare anche io una confidenza. Il tuo amico Franco Giulio Brambilla ha appena 
  pubblicato un libro… 
 
Che è questa, un’interruzione pubblicitaria?
  No, fammi 
  finire… 
 
  …un libro 
  sul matrimonio e in copertina ha messo i miei genitori Gioachino e Anna cosi 
  come sono raffigurati nel mosaico fatto fare da Giovanni Paolo II nella sua 
  cappella da Rupnik. Il quale commenta così: “Anna, con un passo quasi da 
  ballerina muove l’uomo verso Dio questo è l’aiuto…
 
  …”vi voglio fare un aiuto che gli sia simile” 
  dice Dio nella Genesi. E’ questo il riferimento?
 
Appunto, questo è l’aiuto per cui la donna è stata creata, per riportare sempre l’uomo nella relazione, dunque nell’Amore, nella vita spirituale. La donna è il principio religioso perché è il principio relazionale”.
  Non sono sicuro di aver capito tutto bene, anche 
  se il tutto mi sembra intrigante. Ma, a proposito di donne, hai mai sentito 
  parlare delle suore Marcelline? 
 
  Si, una di 
  loro, suor Maria Anna Sala, è già beata ed è segno di come si possa 
  innamorarsi di Dio fino a donargli tutta la vita: è una scelta ben più 
  impegnativa del volontariato. 
 
  Brava, e l’anno prossimo anche il loro 
  fondatore, Mons. Luigi Biraghi, il 30 aprile sarà proclamato beato nel Duomo 
  di Milano. E’ per questo che il presepio della nostra chiesa quest’anno è 
  stato ambientato nel collegio delle suore. 
 
  Ah, adesso 
  capisco. 
 
  Maria, avrei tante altre cose da chiederti sulla 
  tua capacità di contemplare tuo figlio, sullo stile di sobrietà della vostra 
  vita, sul lavoro di artigiano di tuo marito Giuseppe (a proposito, salutamelo 
  e digli che ricordo con piacere la conversazione dello scorso anno). Prima di 
  lasciarti vorrei chiederti però di ripetere a me e a tutti noi quanto hai 
  detto a Benedetto XVI l’8 dicembre a Roma.
 
  “Abbi il 
  coraggio di osare con Dio! Provaci! Non avere paura di lui! Abbi il coraggio 
  di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bonta! Abbi il 
  coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, allora vedrai 
  che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non noiosa, ma 
  piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce 
  mai!”.
 
  Grazie, 
  Maria! Però, manca un’ultima cosa: stiamo parlando da un pezzo e non mi hai 
  ancora detto come hai chiamato tuo figlio.
 
  E’vero, l’ho 
  chiamato Dio salva, cioè Gesù. Ed è proprio un bravo bambino.
 
Ma va’! Non so perché, ma ne ero sicuro. Buon Natale, Maria.