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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 17°/2008

“Seminatori di speranza, portatori di gioia”

 

Torniamo, dopo averne già data un’anticipazione la scorsa settimana, sull’omelia tenuta dal nostro Arcivescovo, Dionigi Tettamanzi, durante la solenne concelebrazione eucaristica, da lui presieduta, a conclusione della visita pastorale al nostro decanato, al Parco dei germani, nel pomeriggio di domenica 20 aprile. Lo facciamo perché il nostro Vescovo ha detto alcune cose importanti, che vale la pena richiamare.

 

Ai preti - Innanzitutto ha salutato e detto grazie ai suoi confratelli preti. “Davanti a tutti - ha esordito Tettamanzi - a voi confratelli nel sacerdozio, io dico la mia stima, la mia ammirazione, la mia gratitudine per il vostro ministero quotidiano al servizio delle anime che il Signore vi ha affidato. Carissimi fedeli continuate ad amare i vostri sacerdoti, ad essere loro vicini, a collaborare nella loro missione di annuncio del vangelo e di testimonianza dell’amore di Cristo per ogni uomo.”

Ma noi ci ricordiamo qualche volta di dire grazie ai nostri preti? Non siamo, invece, solo e sempre pronti a criticarli, a pretendere da loro la completa ed immediata disponibilità per noi? Le espressioni più dure nei confronti dei nostri preti non le sentiamo di solito dalle persone che si ritengono più impegnate nella vita delle nostre comunità?

Ai sindaci - Il primato del bene comune e la preferenza per i poveri sono i criteri con i quali – ci ha ricordato il Cardinale - dobbiamo giudicare l’operato dei nostri amministratori, senza dimenticare però che ciascuno di noi, come cittadino, ha anche dei doveri precisi da assolvere.

“Io so - ha quindi proseguito l’Arcivescovo, rivolgendosi ai primi cittadini dei sei paesi facenti parte del nostro decanato (Cernusco, Carugate, Bussero, Cassina de’ Pecchi, Pioltello, Segrate) seduti davanti a lui - che oggi l’amministrazione è un problema complesso, difficile e faticoso ed è per questo che durante questa Eucaristia io prego per voi e chiedo al Signore, tra le tante grazie di cui anche voi avete bisogno, almeno due: di continuare a servire la gente con spirito di intelligenza, di coraggio e  soprattutto con l’impegno di tenere sempre fisso l’obiettivo del bene comune, mettendo al primo posto le persone più bisognose; la seconda grazia è ancora più necessaria: la gente reclama continuamente i suoi diritti, ma la gente deve sapere che ha anche i doveri da compiere. Io allora chiedo al Signore che la vostra continua dedizione alla gente che vi è affidata sia testimonianza di questa armonia profonda tra diritti e doveri.”

Ai giovani – Tettamanzi ha poi invitato i numerosi adolescenti e giovani presenti a sapersi assumere le proprie responsabilità e gli adulti ad avere fiducia nelle nuove generazioni.   

“I giovani - ha detto l’Arcivescovo - sovente vengono criticati, e non a torto, perché spesso vanno in crisi e commettono degli errori. Noi adulti dobbiamo avere più fiducia nei giovani, perché hanno dei talenti che il Signore mette dentro di loro. È attraverso la fiducia che i giovani possono veramente camminare verso la libertà, verso l’unica libertà vera: quella della responsabilità. Un cammino che diventa possibile quando nella vita si hanno degli ideali alti, significativi, per raggiungere i quali si è disposti a qualche sacrifico e a qualche rinuncia. Non bisogna avere paura: perché solo così noi raggiungeremo la meta che a tutti quanti interessa e che è la meta della felicità vera e piena.”

Ai fedeli - Al termine della visita pastorale, il Vescovo ha voluto dare tre consegne - chiare, impegnative, essenziali - ai fedeli delle parrocchie del decanato.

La prima consegna: «Continuare il cammino verso la comunione sempre più piena, più profonda, più convinta, più responsabile e più gioiosa. La comunione non soltanto tra le singole persone, ma anche tra le parrocchie. Se una ricchezza di una parrocchia viene vissuta in maniera egoistica, quella ricchezza non è una ricchezza evangelica. Al contrario, siamo chiamati ad incontrarci, a dialogare, a stare in rete proprio perché, in questo modo, la ricchezza di una parrocchia diventa la ricchezza di tutte le altre parrocchie.

La comunione nella Chiesa è una comunione operosa. Nella Chiesa noi non possiamo limitarci a ricevere, ma siamo invitati anche a dare, dobbiamo diventare tutti protagonisti. Essere tutti corresponsabili.

In una parrocchia non è responsabile solo il parroco: tutti devono sentirsi corresponsabili, dal primo all’ultimo. È davvero straordinaria  la bellezza della Chiesa.

Nella nostra società - che spesso si presenta piena di tensioni, di conflitti, di violenze, di ingiustizie - la comunità cristiana con umiltà, ma anche con fierezza, deve essere un segno concreto che la comunione è possibile, che la riconciliazione è possibile, che l’unità non è soltanto un ideale lontano, che la pace non è un’utopia. Ma riconciliazione, unità, comunione e pace sono realtà vissute dai cristiani e come tali vengono offerte all’attenzione e al contagio di tutte le persone che noi incontriamo quotidianamente nella nostra vita.

La seconda consegna: la comunità cristiana deve possedere e vivere un dinamismo più missionario. Tutti i cristiani devono essere discepoli di Gesù, apostoli del suo vangelo, missionari nel mondo.

Chi ha incontrato Gesù non può limitarsi a dire che Gesù è nel mio cuore. Ma chi l’ha incontrato, proprio perché è il tesoro più importante della vita, deve farlo vedere e comunicarlo agli altri. Noi siamo cristiani tutti i giorni della settimana, non soltanto quando partecipiamo all’Eucaristia, ma dappertutto.

Gli uomini hanno bisogno di tantissime cose, ma la cosa più necessaria è quella di sentirsi amati. I cristiani proprio perché ricevono dal Signore questo amore, lo devono trasmettere agli altri.

Terza consegna, quella più importante e decisiva: come facciamo noi a stare in comunione reale tra noi, ad essere tutti quanti corresponsabili e partecipi della vita della Chiesa, ad essere testimoni, missionari con le nostre povere forze?

Abbiamo bisogno che il Signore sia dentro di noi, che sia il segreto del dinamismo che prende la nostra vita e che la rende veramente aperta a tutti e donata a tutti.

C’è una frase bellissima all’inizio della Prima lettera di San Pietro: “Stringendovi a Cristo, pietra viva … anche voi venite impiegate come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale”. Abbiamo tutti bisogno di un abbraccio forte del Signore Gesù. Lui aspetta questo abbraccio.

Ma la cosa ancora più affascinante è che anche se noi siamo distratti, anche se ci dimentichiamo di lui e ci allontaniamo da lui,  è lui che ha dentro il suo cuore il desiderio bellissimo di abbracciarci, di abbracciarci  forte.

Allora il segreto della vita cristiana sta in questa comunione profonda, in questa intimità di conoscenza e di amore con il Signore: tutto questo si realizza attraverso la preghiera personale, in famiglia, nella comunità cristiana: in particolare nella celebrazione eucaristica.

Siate tutti seminatori di speranza e portatori di gioia. Per noi la speranza è Cristo. Se Cristo è dentro di noi saremo noi nella gioia e riusciremo a seminare speranza e donare gioia a questo nostro mondo.»

Non c’è bisogno nelle nostre comunità di fare grandi cose, di meravigliare gli altri con effetti speciali, di inventarsi chissà quali e quante iniziative. Basterebbe impegnarsi per dare concreta risposta a queste tre consegne che il nostro Vescovo ci ha dato. E le cose, ne siamo certi, cambierebbero: eccome cambierebbero!

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 26 aprile 2008

P.S. - In questa circostanza è emersa, ancora una volta, l’importanza dei mezzi di comunicazione sociale di cui le nostre parrocchie cittadine si sono dotate. Infatti, con stupore e rammarico, dobbiamo registrare che i due settimanali locali di tutto quanto ha detto l’Arcivescovo non hanno assolutamente riportato nulla (non consideriamo tale, infatti, la frase: “Tettamanzi si è rivolto in modo particolare ai giovani presenti, ricordando quando era chierichetto e sentì la voce del Signore”): le tante fotografie e le titolazioni, anche a tutta pagina, per loro esauriscono il dovere di una corretta informazione. Ma possibile che a nessuno, in quelle redazioni, sia venuto in mente che la gente è accorsa a migliaia, almeno quattromila (e non centinaia di persone!), non per vedere ma per ascoltare l’Arcivescovo? 

 

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