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HOME > Sguardi, Oltre il Naviglio > 31 Marzo 2014

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Il Centro di aiuto alla vita (Cav) dell' ospedale Mangiagalli di Milano ha preso una ferma posizione contro la decisione della Regione Lombardia di tagliare il Fondo Nasko, con cui da anni le istituzioni sostengono le donne in difficoltà economica affinché portino avanti la propria gravidanza. Poco più di tremila euro a bambino, che tuttavia riescono, insieme allo sforzo dei volontari, a convincere moltissime mamme a non abortire.

 

La direttrice del Cav Mangiagalli, Paola Bonzi, negli scorsi giorni ha scritto una lettera a­perta al presidente della Regione, Roberto Maroni, e all'Assessore alla Famiglia, Solidarietà Sociale e Vo­lontariato, Maria Cristina Cantù, chiedendo con forza che i criteri di assegnazione del Fondo Nasko non vengano modificati. Nono­stante lo stanziamento a bilancio pre­ventivo del luglio 2013 pari a 4.200.000 euro finalizzati a mantenere attivo il fon­do, infatti, la cifra proposta dall'assesso­re Cantù per il 2014 risulta essere più che dimezzata: «Nell'anno 2013 le persone aiutate dal nostro servizio tramite Fondo Nasko sono state 341- ha spiegato la Bonzi -. Per l'anno 2014 il numero di nostre uten­ti che potranno usufruire di questo sus­sidio sarà all'incirca di 80». Ma il nodo più problematico sono i parametri per usu­fruire del Nasko, modificati dalla Regio­ne in base - di fatto - alla nazionalità delle gestanti: «Cinque anni di residenza in Lombardia invece che uno, dichiarazione di reddito Isee inferiore a 7.700 euro (nella precedente disposizione risultava 12.000 euro) – ha continuato la Bonzi -. In più è stato fatto notare come non etico l'as­segnazione del Fondo stesso ad una grande maggioranza di donne extracomuni­tarie (75%). Questi nuovi criteri secondo  il Cav «portano ad una discriminazione chiaramente iniqua», che va contro la legge 194/78. Infatti, «il consultorio e la struttura socio-sanitaria - prevede la legge - oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e special­mente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito [ ... ] le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza».

Il risultato di tali decisioni sarà uno solo, secondo la Bonzi: «Una forte riduzione di donne che chiedono aiuto, o peggio ancora l'impossibilità di aiutare donne che vorrebbero tenere il loro bambino ma saranno costrette ad abortire per motivi economici. Siamo vicini alla follia. Noi siamo rispettosi della legge 194 ma al tempo stesso siamo nati per impedire a donne di qualsiasi età, di qualsiasi provenienza, di qualsiasi classe sociale, di abortire per motivi strettamente economici. I nuovi parametri che verranno approvati a giorni, di fatto, ridurranno il numero di donne da aiutare». Sostenuto da più di 20mila firme raccolte contro i provvedimenti della Regione, il Cav chiede con forza il ripristino delle condizioni precedenti, che nel 2013 hanno permesso a 1.359 donne di portare avanti la gravidanza.

 

L’assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, Maria Cristina Cantù, ha risposto alla lettera del Centro di aiuto alla vita (Cav) della clinica Mangiagalli  precisando che, per riportare il Fondo alle sue reali finalità «è stato deciso di realizzare un tavolo tecnico di lavoro che si chiuderà a fine mese e da cui scaturiranno quelle riflessioni indispensabili per dare risposte concrete e trasparenti ai bisogni del territorio».

 

Cernusco sul Naviglio, 31 marzo 2014

 

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