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La sanità lombarda extraospedaliera 

 

Oramai non è tempo più di campagne elettorali, di slogan, di frasi ad effetto; è il momento della riflessione e della progettualità.
Alcune riflessioni in merito al sistema sanitario lombardo emergono con forza anche alla luce di alcuni episodi (su cui non voglio entrare). Immagino che tutti sappiano che la sanità è gestita totalmente dalle Regioni che questa voce incide per oltre il 75% del loro bilancio. Ogni Regione si organizza come vuole, finanzia le strutture come vuole secondo i criteri che ritiene maggiormente appropriati.
La Regione Lombardia ha fatto una scelta chiara: puntare sull’eccellenza ospedaliera, su centri specialistici di altissimo livello che hanno il compito di gestire o emergenze o patologie in fase non solo acuta ma ad alto rischio per la vita dei pazienti. Questo fatto è sostanzialmente evidente (a parte alcuni episodi di cui ripeto non voglio entrare). Domandiamoci però quale sia la domanda, anzi i bisogni dei cittadini, anzi quali siano le caratteristiche dal frequentatore tipico delle strutture sanitarie. La risposta è chiara ed evidente: gli anziani. Gli anziani esprimono la percentuale significativamente più rilevante del bisogno sanitario (e sociosanitario).
Dal punto di vista clinico un anziano esprime un bisogno legato ad una tipologia di patologie denominate croniche (diabete, ipertensione, BPCO, ecc) che le evidenze scientifiche suggeriscono non debbano trovare risposta nell’Ospedale (struttura pensata per il momento acuto della patologia) ma a livello distrettuale, a livello domiciliare, a livello di cure primarie e di medicina generale. Come si è strutturata la Lombardia relativamente a questi bisogni? Anche in recenti convegni nazionali e regionali emerge con forza un grido di dolore per la Lombardia che si caratterizza per una povertà di risorse investite sulle cure primarie, a sostegno dei medici di base, per una assenza di integrazione con l’ospedale, per una carenza di sistemi a rete di presa in carico dell’anziano (soprattutto dell’anziano fragile). Impietosi sono i confronti in termini di assistenza domiciliare, di percorsi diagnostico terapeutici aziendali, di linee guida con le Regioni limitrofe (Emilia Romagna e Veneto solo per citarne alcune) che da anni investono in formazione, in progetti per offrire una medicina di eccellenza dove viene espresso il bisogno. Gli ospedali non sono pensati per rispondere ai problemi di salute dei pazienti cronici, non è colpa loro è che fanno un altro lavoro ed hanno altre finalità. Troppo pochi sono i pazienti presi in carico dalle ASL al domicilio, assenti sono i progetti di dimissione protetta (pensiamo al paziente post ictale ad esempio), lo stesso lavoro del medico di Famiglia è relegato nella nostra Regione di fatto a copiare ricette scritte da altri, in ambulatori privi della tecnologia di base (salvo alcune meritorie eccezioni). Molto dovrebbe fare la nostra Regione sui Medici di Medicina Generale per permettergli di ricoprire un ruolo centrale, di indirizzo, di interfaccia di un sistema complesso all’interno del quale spesso il paziente si perde.
L’auspicio è quindi che anche la nostra Regione possa recuperare quelle posizioni di leadership e quell’eccellenza che al momento (meglio negli ultimi 10 anni) in termini di assistenza extraospedaliera non ha più.
Sono a disposizione per confronti sul tema


Prof. Emanuele Vendramini; Ph.D
Responsabile are cure primarie
CERGAS – Università Bocconi

 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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