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 L'arte della manutenzione della bicicletta



Beppe Severgnini, su Twitter, scrive: Tanti vendono biciclette, nessuno le ripara. L'Italia continua a preferire l'inaugurazione alla manutenzione.  Si tratta naturalmente di una metafora, ma colgo la palla al balzo, perchè è da un po' di tempo che vado considerando le condizioni per l'affermarsi di una cultura della bicicletta

(Premessa: non sono particolarmente legato ad una ideologia che mitizzi la bicicletta come alternativa all’auto - per intenderci, per fare i sette chilometri e mezzo che mi separano dal posto di lavoro uso l’auto, anche se da un po’ medito sulla possibilità di acquisto di uno scooter. Pero` per gli spostamenti locali sono convinto che la bici sia il mezzo più intelligente, più razionale, più economico che l’uomo abbia sinora inventato )

Alcune considerazioni:
l'evoluzione della bicicletta, se comparata con l'elettronica o anche con l'auto, è molto lenta, o quantomeno ne è lenta la diffusione capillare e a basso costo ai consumatori. Questo sia per ragioni ergonomiche ( il nostro corpo è fatto come è fatto, e non è che puoi fare, ad esempio, i pedali più lunghi della gamba ) sia per il fatto che non ci sono grandi interessi multinazionali che spingono per una economia basata sul trasporto a trazione umana.
Nonostante tutti gli sforzi lungimiranti di pochi, anche nelle città, che trarrebbero giovamento da un sistema integrato pubblico- trazione umana, anche tra quelli che la bici la usano per i piccoli spostamente, la cultura prevalente è quella dell'auto.

Le critiche più sonore a questo sistema arrivano come sempre dalle frange estreme che, se pure nel giusto, hanno un difetto insito proprio nell'estremizzazione del problema: il modello risolutivo non può essere seguito dalla media della popolazione.
Come sempre, l'Europa è decine di anni più avanti di noi.

Che fare, dunque?
I percorsi giusti non sono quelli che prendono scorciatoie, e il diffondersi di una cultura alternativa trova ostacoli ogni secondo, per i modelli di consumo che, crisi o non crisi, primeggiano sull'orizzonte mediatico . Quello che anche i "moderati" possono fare è chiedere alle amministrazioni di pensare alla viabilità alternativa non solo in termini di chilometri di piste ciclabili, ma di effettiva fruizione dei percorsi e loro effettiva utilità ( per intendersi, un esempio : per chi conosce Cernusco, vi pare mai possibile che un ciclista che da piazza Gavazzi debba raggiungere via Monza sia costretto a fare tre chicane , di cui due almeno a curva cieca, con il rischio di andare a investire un ciclista o un pedone proveniente dal senso opposto? oppure, come si pensa di risolvere l'incrocio via Marcelline, via Manzoni, con flussi contrapposti di auto e bici? ). è quello che intendo chiedere all'amministrazione: non solo progettare sulla carta, ma sperimentare in bici i percorsi, e progettare tenendo conto che è l'uomo, non l'auto, il soggetto a cui le opere urbanistiche devono servire. Mi auguro poi, nello specifico della nostra città, che il futuro Piano di Governo del Territorio possa recepire e fare propria una cultura di mobilità sostenibile.

Loris G. Navoni
 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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