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Cara Signora concittadina Rumena, 

Cara Signora concittadina Rumena, 

ho letto con molta commozione la Sua lettera.

La potrei commentare come migrante, perché anch’io arrivai al Nord all’inizio degli anni ’50 da una zona povera del centro Italia. Allora ero un bambino piccolo con i miei genitori in cerca di lavoro e di un tozzo di pane. Furono anni difficili pieni di umiliazioni e di discriminazioni.

Capisco, quindi, il suo stato d’animo.

Potrei anche commentare il Suo scritto come cittadino del mondo, quale io mi sento, in quanto non imprigionato culturalmente da steccati e campanilismi (e pericolosi stati d’animo) che rischiano di generare nuovi mostri e orrori della storia.

Il mio modo d’agire e di pensare vuole gettare ponti, non erigere nuovi muri, perciò la mia risposta sarebbe scontata, come lo è, del resto, la mia solidarietà verso il Suo pensiero.

Vorrei, invece, risponderLe da cristiano, visto che Lei, alla fine del Suo scritto, pone delle giuste e impegnative domande.

Ha ragione. Troppe volte la comunità cristiana “predica” in un modo e “razzola” in un altro.

Spesso, infatti, i luoghi di culto si riempiono di persone che, una volta finita la cerimonia, non applicano nel quotidiano i concetti basilari del vangelo imperniato intorno a valori come la solidarietà e l’accoglienza che sono, poi, le porte fondamentali e necessarie attraverso le quali far passare la condivisione materiale, spirituale e culturale con coloro che hanno più bisogno di noi perché spinti verso i paesi  ricchi dalle disuguaglianze di un sistema sempre più ingiusto.

Condivisione, quindi, con donne, bambini, uomini ,vecchi di etnie e religioni diverse, che vivono spesso in condizioni d’indigenza e che, comunque, hanno bisogno d’aiuto e d’integrazione. Sono coloro che Cristo chiama il nostro Prossimo.

Il cristianesimo non parla di accumulo di ricchezze, ma di distribuzione; non parla di egoismo, ma di accoglienza; non parla di ipocrisia, ma di vera carità.

E scusate se è poco.

Purtroppo,  la coerenza non è di questa terra e molti dimenticano o fanno finta di non ricordare…

Importa, ancora una volta, l’apparire piuttosto che l’essere; costa meno il parlare di buone intenzioni che l’agire, il metterle in pratica nella vita reale.

Cara Signora, mi creda però, non tutti i cristiani si sono dimenticati del vangelo e dei suoi principi e non hanno perso la speranza di creare una società migliore in cui il Prossimo non sia più discriminato dal colore della pelle o dalla sua provenienza.

Io ebbi modo di scrivere questa cosa lo scorso Natale, come racconto di un episodio realmente accadutomi con una Signora Rom che chiedeva l’elemosina fuori dalla nostra chiesa.

Glielo ripropongo – e glielo dono - come momento di speranza e di riflessione e anche perché, come libero cittadino del mondo, ancor prima che cristiano, non ho paura di esprimere il mio pensiero in questo difficile momento di caccia alle streghe.

Gabriele Calvanelli


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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