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L’ISOLA CHE NON C’E`


 

E’ veramente difficile, anche in tempi cupi come quelli che ci tocca vivere, imbattersi in una tale valanga di luoghi comuni e strumentalizzazioni quale quella che ci viene riversata in questo periodo dal vertice locale della Lega Nord.

Se si potesse confinare la questione nei limiti di una malaccorta strategia comunicativa, allora basterebbe chiedere ai nostri illustri concittadini di citare almeno un comunicato stampa dell’Amministrazione nel quale la stessa conclude che “i rom sono graditi”, oppure una dichiarazione pubblica del Sindaco nella quale egli si vanti “di aver fatto la scelta giusta” installandone 500 ai confini della città (??) e la diatriba sarebbe automaticamente estinta per palese inconsistenza dei presupposti. Purtroppo invece non si tratta di un allegro esercizio di creatività espressiva, ma di un indecente utilizzo mercantile della paura, spacciata sul mercato della politica sotto il falso nome di “sicurezza”.

Già, la sicurezza: la stessa per cui “la Lega Nord lotta da sempre con i fatti e non con le chiacchiere come fa il centrosinistra!”. Vediamoli allora questi fatti, inoppugnabili prove dell’impegno leghista alla “soluzione finale” (mi si perdoni l’involontaria evocazione di tristi avvenimenti del passato) del problema della sicurezza, i cui unici responsabili paiono essere i migranti in genere ed i rom in particolare.

15 anni di centrodestra al governo della città di Milano ed altrettanti alla guida della Regione Lombardia, con una significativa presenza di amministratori della Lega Nord; sgomberi ad ondate da Milano verso la periferia senza alcuna predisposizione di misure alternative, nessun piano di accoglienza e coordinamento sovracomunale. Risultato: centinaia di “invisibili” in carne ed ossa (non di rado impiegati in nero nelle imprese della zona) costretti a vivere in strutture fatiscenti, almeno fino al prossimo sgombero in nome della sicurezza, naturalmente. Uomini, donne e bambini in condizioni logistiche ed igieniche di degrado assoluto; in presenza di queste situazioni, gli acuti pensatori celti si meravigliano che il tasso di delinquenza sia (forse) superiore a quello riscontrato fra i ricchi bocconiani dimoranti nelle tranquille palazzine immerse nel verde della zona di S. Siro.

5 anni, dal 2001 al 2006, al governo del Paese, nella tanto bistrattata “Roma ladrona”; una legge che già nel nome (Bossi-Fini) presenta tutti i suoi limiti e di cui è facile svelare tutta l’ipocrisia della quale è permeata con alcune semplici considerazioni, tratte da uno studio del mensile ‘altreconomia’ realizzato sulla scorta di un dossier statistico prodotto da Caritas ed Unioncamere. Il fabbisogno medio di manodopera, secondo le stime Unioncamere, è in crescita dalle 125000 unità del 2001 alle 194000 del 2007. Nel triennio 2002-2004 il Governo Berlusconi fissó in 79500 il numero totale di ingressi consentito dal decreto flussi: una decisione esclusivamente politica, dalla quale il buon senso è bandito. Solo dal 2006, col governo Prodi, le quote del decreto flussi subiscono un deciso incremento (550000, in linea con le 540000 richieste fatte pervenire dai datori di lavoro al Ministero competente). Da questi pochi elementi possiamo già comprendere come alla favoletta del datore di lavoro che chiama l’immigrato dal suo Paese non credano nemmeno le anime più semplici; il tentativo è quello di regolarizzare chi già lavora in Italia, spesso occupato in mansioni che nessun italiano è disposto a svolgere. In realtà, la legge è una macchina che produce lavoro nero, visto che la differenza fra quote e fabbisogno viene comunque coperta da irregolari; irregolari per decreto, si possono quindi definire.

Sono queste le “risposte” alle quali apprezzati commentatori politici attribuiscono il potenziale attrattivo della Lega Nord alle ultime elezioni politiche? Per favore, non scherziamo: l’esercizio della fertile fantasia ai fini della costruzione del consenso, giocato sulla pelle di una categoria senza voce, non costituisce alcuna risposta ai bisogni dei cittadini. Nonostante tutto, resto convinto che un serio dibattito sulla sicurezza in questo Paese debba fondarsi su dati precisi e non su di una concezione ‘totemica’ (se non peggio) del fenomeno dell’immigrazione. Credo inoltre che il controllo del territorio e la dovuta opera di repressione dei reati (dei reati, non delle etnie) non possano avvenire a prescindere dalle tanto bistrattate politiche di accoglienza ed integrazione, perchè “proteggere la propria casa e la propria famiglia” non significa costringerle in un fortilizio assediato. Quella di poter vivere sicuri su un’isoletta padana circondata da un mare di insicurezza diffusa è una pia illusione che i fatti si incaricano ogni giorno di smentire clamorosamente.

Ermes Severgnini
Consigliere Comunale PRC-SE

 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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