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Competitività italiana: alcune riflessioni 

 

 Negli ultimi mesi si è creato un grande dibattito sul tema della competitività italiana soprattutto in relazione ai nuovi dati di crescita rispetto a quelli dei principali Paesi membri dell’Unione Europea.

La sensazione che si ha è che ci sia una grossa confusione sul concetto stesso di competitività.

Di norma è passata l’accezione che essere competitivi implici o voglia dire costare poco, per cui si dice che l’Italia non è competitiva perché ha un costo del lavoro troppo altro. In realtà questo è un falso mito da sfatare. Il problema non è se i prodotti italiani sono costosi o meno ma quale è il loro reale valore, quanto sono innovativi. Competere suoi costi è una follia. L’Italia deve competere sull’innovazione, sulla ricerca, sulla produzione di beni e servizi che gli altri non hanno o non sanno fare. Ragionare sui costi equivale a dire che la Ferrari  o un abito di Armani non è competitivo perché costa troppo. Questo è il punto. Il costo del lavoro diventa irrilevante nel momento in cui chi produce è eccellente, è innovativo. Se allora adottiamo questo approccio si vede il vero male dell’economia italiana, un’economia in cui non si fa innovazione, non si fa ricerca, non si fa sviluppo. Sia le imprese che la Pubblica Amministrazione hanno le loro colpe: le imprese a dispetto di quanto sostengono i loro rappresentanti non amano la competizione (meglio essere monopolisti che avere tanti concorrenti)  allo stesso tempo la PA italiana ha finora svolto una funzione di volano occupazionale e non di promotrice di iniziative volte a incentivare la ricerca e sviluppo mettendo le imprese nelle condizioni di competere. L’analisi da questo punto di vista è impietosa, se guardiamo ad esempio l’ammontare degli investimenti stranieri in Italia vengono in brividi (rispetto a Paesi come la Spagna). Come se ne può uscire? Con una Pubblica amministrazione che si caratterizzi per una strategia volta a facilitare il fare impresa, a rendere conveniente la ricerca e sviluppo, a sviluppare il sistema delle infrastrutture (pensiamo ai collegamenti stradali, ferroviari, aerei). Contemporaneamente le imprese devono fare squadra sfruttando anche strategie di collaborazione  (si pensi all’industria del turismo ed all’integrazione necessaria tra imprese che sono complementari: alberghi, ristoranti, musei,  agenzie di viaggio). Le potenzialità per rilanciare la competitività italiana ci sono (turismo, moda, alimentari, cultura, ecc) quello si cui bisogna lavorare è creare una visione d’insieme, uscire dalle logiche di difesa corporativa delle posizione individuali o di piccoli gruppi (da parte di Imprese, sindacali, partiti, ecc). Altrimenti non ci rimarrà che il dubbio tra essere l’ultimo dei Paesi economicamente sviluppati o il primo di quelli in via di sviluppo.

Emanuele Vendramini


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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