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 SULL'ABORTO, DA UNA DONNA

1971. Io avevo 16 anni.

Ero una bambina.
Casa, scuola, oratorio.
Come ho messo il "naso fuori dalla porta", sono rimasta incinta.

Quando l'ho capito, tra mille altri pensieri - come lo dico ai miei, soprattutto come reagirà la mamma (il suo vecchio "esaurimento” e gli elettrochoc erano il mio terrore), non pensavo né all’embrione, né al feto, né al bambino che sarebbe nato ma a come potevo risolvere quella situazione e il mio ragazzo, anche lui, non aveva neanche diciotto anni - ho pensato all'ABORTO.

Ovviamente allora lo facevano le “mammane”, col prezzemolo, con i ferri da calza, ce n’era una in un palazzo in fondo alla strada, credo anche di essermi informata sul costo, neanche tanto (ma i soldi non sono tutto…e nel prezzo non erano compresi tormenti e dolore). Inoltre morivano ancora molte donne per emorragie causate da queste pratiche, effettuate in locali senza garanzie di igiene, competenza e assistenza medica.

Forse ho avuto paura. Per fortuna. Però ho pensato anche che non era giusto, avevamo combinato questo “pasticcio” e dovevo affrontarne le conseguenze. Magari più avanti scappo in Svizzera, lì sono già avanti, danno assistenza alle ragazze madri…

Guardate, in tutto questo c’era poca consapevolezza, molta ingenuità, paura, incoscienza, solitudine, irresponsabilità, da parte mia.
Non sapevo ancora niente del mondo, e un'altra vita cresceva dentro di me.

Ed è cresciuta…, oggi mio figlio compie 36 anni.

Naturalmente io sono molto contenta di non aver abortito, sono cresciuta anch’io con lui, la vita è continuata per tutti nelle gioie e nelle difficoltà, legate o meno alla mia scelta iniziale.

Nel frattempo il “mondo” è cambiato in modo incredibile, tanto che a pensarci non pare vero.

Ma ancora oggi - ultimamente, chissà perché!? c’è stato un revival - gli uomini “parlano” molto dell’ABORTO, uno ci fa un partito che prenderà anche dei voti…
Che ne sanno? Della paura anche solo di pensarci, dei dubbi, del dolore, del senso di colpa. Ne parlano come se fosse una pratica da regolare con un’altra legge, invece che un momento di grande tormento, e un momento in cui alle leggi non ci pensi proprio.
Non è il modo di affrontare l’argomento. Per fortuna anche Dionigi, un ecclesiastico “umano”, ha ricordato che bisogna stare vicini alle persone che hanno la sofferenza nel cuore. E per una donna il pensiero ed eventualmente la resa all’aborto è una enorme sofferenza.

Naturalmente, come tutte le donne, io sono contro l’aborto.
Ma credo anche che debba essere garantita la libertà di poterci arrivare, nella condanna del dolore, senza l’aggiunta della condanna della legge degli uomini.
Quelli che, beati loro, conoscono la dignità e i valori dell’essere umano.

Daniela

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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