CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > La Città > Piazzetta di CernuscoInsieme > Comunicato
 LA VIOLENZA DI GENERE E IL RAZZISMO

L’intervento di Magdi Allam su “Islam e le donne, un’altra cultura” apparso nel Corriere-anteprima del 29/01/2008, prende spunto dall’atroce violenza contro una donna perpetrata dal marito di provenienza marocchina, che ha gettato dell’acido sul volto e sul corpo della moglie. Pur non essendo una modalità tipica del Marocco e pur non sapendo se il colpevole è musulmano, il giornalista del Corriere della Sera afferma che il problema nasce dal “marchio culturale inequivocabile” dell’Islam, “che sottintende il disprezzo assoluto della dignità della persona e della sacralità della vita” citando la pratica tragicamente esistente in Pakistan e in Bangladesh, luoghi in cui le donne vengono sfigurate con l’acido, come atto di annientamento e di azzeramento della figura femminile. Sino a suggerire, nella conclusione dell’editoriale, addirittura un ripensamento sui “matrimoni misti” soprattutto nel caso di mariti musulmani.

 

E’ un peccato che nel suo incessante (e discutibile) piglio critico contro l’Islam, sia caduto in una banale strumentalizzazione, che ha come unico scopo strumentale quello di sostenere le sue tesi, che volontariamente o meno alimentano il razzismo verso il mondo musulmano.

E’ inaccettabile coniugare un drammatico fatto di cronaca e le umane reazioni dei vari protagonisti, con una conclusione morale tesa a criminalizzare una categoria (i mariti musulmani) e di riflesso una cultura religiosa.

 

E’ necessario ricollocare la questione nelle dimensioni più corrette, senza assolutamente giustificare alcuna violenza o alcuna pratica violenta.

 

Per le donne tra i 15 e i 44 anni la cosiddetta “violenza di genere” è la prima causa di morte e di invalidità. Le ricerche compiute negli ultimi dieci anni dimostrano che la violenza contro le donne è endemica, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali o culturali, e a tutti i ceti economici. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno una donna su cinque ha subito abusi fisici o sessuali da parte di un uomo nel corso della sua vita. E il rischio maggiore sono i familiari, mariti e padri, seguiti dagli amici: vicini di casa, conoscenti stretti e colleghi di lavoro o di studio. Dall'indagine, presentata nel 2007 dall’ex-ministro Barbara Pollastrini, realizzata su un campione di donne di età compresa fra i 16 e i 70 anni, emerge che sono 6.743.000 le donne vittime di violenza fisica o sessuale (il 31,9%), 5 milioni di violenze sessuali (23,7%), 3.961.000 di violenze fisiche (18,8%).

Per cui la “violenza di genere” è trasversale alle culture e alla provenienza geografica.

 

Nella cultura occidentale, la figura della donna ha un riconoscimento sociale frutto di una emancipazione conquistata con le lotte del femminismo e di tutte le donne: il risultato di una evoluzione culturale che ha messo in discussione il ruolo sociale del “maschio” a partire dal rapporto di coppia e nella famiglia. Altre società sono ancora legate ad una cultura che vede la donna relegata al dominio maschile e a mero oggetto di riproduzione sessuale. Il rimescolamento etnico dovuto al flusso migratorio verso il mondo occidentale, sta evidenziando le differenze e le diversità, creando anche situazioni conflittuali. Qui però bisogna scindere le questioni.

 

Una questione è l’aspetto del comportamento violento, che va condannato e isolato comunque, evitando strumentalizzazioni di sorta. Che il marito sia cristiano o musulmano, non ha importanza. La legge deve essere uguale per tutti.

 

L’altra questione è quella culturale, e in questo senso rigettiamo assolutamente la logica dell’esclusione che sta portando avanti Magdi Allam e con lui molti altri. Le differenze non vanno azzerate con l’eliminazione di ciò che è diverso dalle regole consolidate a “casa nostra”. Le differenze vanno inserite in un quadro di regole riconosciute e condivise da ogni società civile, ma poi vanno affrontate: le soluzioni devono mantenere in primo piano il rispetto reciproco e l’accettazione di principi condivisi, tra cui aborrire ogni forma di violenza e di prevaricazione che leda l’integrità fisica e psichica di un’altra persona.

 

Perché per esempio, dovremmo chiederci a questo punto cosa pensa Azouz Marzouk, tunisino e musulmano, che nel delitto di Erba ha perso moglie e figli. Oppure dovremmo ricordarci della condanna di Don Cesare Lo deserto per violenza privata e lesioni aggravate da sevizie e crudeltà nei confronti dei 17 migranti che avevano tentato la fuga dal CPT nel novembre del 2002: violenze, come si legge dall’atto del giudice, determinate dal solo motivo della violenza, della prevaricazione e dell’umiliazione nei confronti di persone trattenute nel CPT.

 

Infine è necessario ribadire che il razzismo è una forma di violenza, e come tale deve essere oggetto di un “tabù” morale di ogni persona civica.

 

Alessandro De Nando
 


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01  -  Best View:  800x600 - IE 6