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In occasione della Giornata della Memoria ripropongo la lettera di riconoscenza che scrissi  a Roberto Camerani, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti e scomparso il 20 Luglio 2005 dopo una vita dedicata a testimoniare con forza gli orrori che aveva vissuto.

Caro Roberto…

Caro Roberto,
volevo dirti che non me l’aspettavo…
Ci sono rimasto male.

Ero in ferie, quando ho saputo della tua scomparsa. E in ferie, si sa, sei nella situazione e nello stato d’animo meno adatti per pensare alla morte. E’ strano, ma quando si è in vacanza sembra che, improvvisamente, lo spazio e il tempo cambino, che diventino ovattati e distanti dalla realtà. Sembra che tutto debba essere in sintonia con il benessere e la spensieratezza del momento e che non debbano più esistere tristezza e dolore. E invece, non è così…

Ci sono rimasto male, sai, caro Roberto. Sapevo, sì, dei tuoi problemi di salute e ti avevo anche visto dimagrito negli ultimi mesi, ma il tuo sorriso e la tua grande disponibilità al dialogo mi avevano sempre fatto pensare ad un problema passeggero, ad un malanno che la tua enorme forza avrebbe superato. In fondo, tu di prove - anche di terribili - ne avevi subite tante nella vita, ma tutte affrontate e vinte con grandissime doti di capacità e, appunto,di forza interiore. Doti che trasparivano sempre dal tuo sguardo vivo e attento, pur se costantemente velato da un leggero strato di  tristezza che tradiva e denunciava le sofferenze che avevi provato. Sono convinto che gli occhi che riescono ad essere sorridenti e tristi nel contempo, siano patrimonio comune delle persone che hanno dovuto affrontare indicibili sofferenze e patimenti. Sofferenze e patimenti che nel profondo del loro animo non possono più dimenticare. E i tuoi occhi, caro Roberto, erano questo. Trasmettevano questa miscela di sentimenti: serenità e tristezza, allegria e malinconia. Erano come gli occhi di mio padre, anche lui reduce di guerra e dai campi di concentramento.

Lo stesso sguardo.

Forse anche per questo, per la comunanza di questi sguardi, rimasi colpito fin dalla prima volta che ti vidi. Fu alcuni anni fa, durante un incontro in biblioteca: la determinazione e la serenità con le quali raccontasti e denunciasti la stupidità della guerra e gli orrori dei campi di concentramento nazisti, che avevi tragicamente provato sulla tua pelle, mi segnarono profondamente. Sembrava di sentire parlare nuovamente mio padre. Da allora riuscivi a commuovermi e ad indignarmi in tutte le occasioni in cui t’incontravo e in cui narravi il tuo incredibile “viaggio “ nella memoria per far sì che soprattutto i giovani ricordassero sempre  le nefandezze e le atrocità compiute dall’uomo quando diventa belva assetata di potere. Il tutto, per non dimenticare mai e per non ripetere gli errori del passato, attraverso la conoscenza e la testimonianza. I giovani, per questo, ti volevano bene. E tu questo lo sapevi e lo capivi e, instancabilmente, come un missionario di pace, andavi ad incontrarli: nelle scuole, nelle palestre, nelle biblioteche e nelle manifestazioni di piazza. Anche tu, come un eterno ragazzo, a portare linfa di memoria e di resistenza a tutte le nuove generazioni.

Come ad ogni 25 Aprile, giorno in cui, in maniera più determinata e partecipata di sempre, aprivi lo spezzone del corteo dei sopravvissuti dei campi di sterminio. Era bello vederti insieme agli altri tuoi compagni, orgogliosamente, fazzoletto biancoceleste (ex deportati) al collo, cartelli con i nomi dei campi di sterminio in mano.

Per riflettere, per non dimenticare, per non stravolgere la storia.

Auschwitz, Birkenau, Mauthausen, Treblinka... mentre sfilavano i nomi di quei tragici luoghi, un brivido percorreva la schiena delle persone ai margini del corteo e gli applausi partivano alti, scroscianti, spontanei quasi a scacciare un incubo, quasi ad abbracciare in segno di grande affetto e rispetto quei fazzoletti sbiaditi dal tempo, ma sempre li, presenti come ogni anno, a ricordarci di NON DIMENTICARE.

MAI.

E tu ringraziavi tutti, con lo sguardo commosso e fiero e con quel sorriso sempre luminoso di chi ha una missione di verità e d’amore da compiere. 

Perché: Verità è Amore e Amore per la Memoria è Verità.

Anche lo scorso 25 Aprile ti ho visto, caro Roberto, con il tuo cappellino e la tua giacca a vento rossa. E il tuo fazzoletto biancoceleste al collo. E ho rivisto i tuoi occhi. E ho rivisto il tuo sorriso…

Caro Roberto,
volevo dirti che non me l’aspettavo… e, allora, non ho fatto in tempo a ringraziarti per quello che ci hai dato e che continuerai a darci…
Lo faccio ora, con questo mio piccolo contributo.
Grazie, con tutto il cuore…

 

Ciao Roberto, caro, eterno ragazzo…
Che la terra in cui riposi ti sia lieve e dolce, come lieve e dolce sei stato tu per tutti coloro che ti hanno stimato e amato.

La tua MEMORIA non morirà.
MAI.

Gabriele Calvanelli


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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