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Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità
La nuova frontiera nella tutela giuridica delle persone disabili

 

Dopo cinque anni di intensi lavori, cui hanno partecipato attivamente le associazioni di rappresentanza degli interessati, il 13 dicembre 2006 l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione è stata aperta alla firma da parte dei governi di tutto il mondo il 30 marzo 2007 a New York, presso la sede ONU, ed il Ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, in rappresentanza del Governo italiano, ha sottoscritto la Convenzione, che ora attende la ratifica del Parlamento per essere giuridicamente operativa nel nostro Paese.

Per stimolare una riflessione con l’opinione pubblica e le istituzioni locali sui concetti, in continua evoluzione, di disabilità, parità di diritti e opportunità, non discriminazione, Anffas Onlus Martesana ha promosso un Convegno, tenutosi il 16 novembre scorso presso la Biblioteca civica cernuschese, sulla Convenzione ONU e gli strumenti operativi per la tutela dei diritti delle persone disabili. Sul tema centrale dell’incontro è intervenuta Luisella Bosisio Fazzi, presidente del Consiglio Nazionale Disabilità, che ha partecipato direttamente ai lavori preparatori della Convenzione, mentre Margherita Peroni, consigliere della Regione Lombardia, e Ombretta Fortunati, consigliere della Provincia di Milano, hanno illustrato le norme di politica sociale per la tutela dei diritti delle persone con disabilità nell’ambito delle autonomie locali. Presenti alla serata anche il sindaco di Cernusco Eugenio Comincini e l’assessore alle politiche sociali Rita Zecchini. 

Lo “spirito” della Convenzione. Scopo dichiarato della Convenzione è “promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità”. Esse “includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che, in interazione con varie barriere, possono impedire la loro piena effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.

La Convenzione interessa attualmente 650 milioni di persone nel mondo, di cui 57 milioni in Europa.

Disabilità, un concetto in evoluzione. Il concetto di disabilità è stato recentemente ridefinito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come la condizione di persone con specifiche caratteristiche, le cui limitazioni dipendono da fattori sociali ed individuali, quali le restrizioni all’accesso ai diritti, la povertà di risorse, l’esistenza di barriere che limitano l’uso di ambienti, beni e servizi, etc.

In sostanza, la disabilità non è (soltanto) uno stato di salute, un deficit fisico e/o funzionale, ma una condizione individuale in cui le limitazioni derivano da ostacoli, di varia natura, esterni. In questo senso, la disabilità è una condizione ordinaria di tutto il genere umano.

I principi ed i diritti affermati nella Convenzione riflettono l’accoglimento di questo diverso concetto di disabilità e il superamento di un approccio di tipo esclusivamente “medico”, che porta a valutare le persone con disabilità come individui malati o minorati, che vanno trattati in modo differente a causa della loro minorazione, in contesti prevalentemente assistenziali o sanitari, potenzialmente segreganti, dove le competenze e gli interventi sono prevalentemente sanitari. Viene al contrario adottato un modello “sociale” basato sui diritti umani dove le persone con disabilità sono considerati cittadini con caratteristiche particolari per i quali devono essere previsti interventi e politiche indirizzate verso l’inclusione sociale.

Le novità della Convenzione. Difficile riassumere in poche righe le innovazioni, a tratti rivoluzionarie, contenute nella Convenzione.

In parte si compone di norme mutuate da altre convenzioni ONU sui diritti umani e applicate alle persone con disabilità (diritto alla vita, alla libertà e sicurezza della persona, ad adeguati livelli di vita e protezione sociale, alla partecipazione alla vita politica e pubblica, etc.); in parte aggiunge novità significative anche rispetto ai tradizionali diritti umani (misure per l’eguaglianza e non discriminazione, per una vita indipendente e l’ inclusione nella comunità, per la mobilità personale, etc.); alcune norme sono spesso contemplate nelle legislazioni nazionali dei diversi Stati, ma elaborati dalla Convenzione con approcci differenti (diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro, etc.). Un’attenzione particolare è dedicata alle persone soggette a discriminazioni multiple come le donne ed i bambini con disabilità.

Ma il “filo rosso” che segna e unisce tutte le norme della Convenzione si traduce in tre principi fondamentali: autodeterminazione, non-discriminazione, inclusione.

Autodeterminazione, non-discriminazione, inclusione. Il primo principio fondante è il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, che si traduce nel favorire l’autonomia individuale e adeguati livelli di vita e protezione sociale delle persone con disabilità, nel rispettare la loro libertà di scelta rispetto alla propria vita privata, la decisione di formare una famiglia, la scelta della cittadinanza, del luogo di residenza e delle modalità di alloggio (dove e con chi vivere). Significa riconoscere loro il diritto a decidere, sulla base di un consenso libero e informato, rispetto alla propria salute e ai trattamenti sanitari cui sottoporsi. E ancora, significa garantire la loro partecipazione alla vita politica e pubblica, con particolare riguardo alla possibilità di intervenire direttamente nelle politiche e nella legislazione che li riguarda (principio concentrato nel motto: “niente su di noi, senza di noi”).

Il secondo principio declinato in tutele norme è quello della non-discriminazione, che assume significati particolari in relazione ai diversi diritti enunciati: uguale riconoscimento di fronte alla legge e alla giustizia, parità di opportunità nell’istruzione, nel lavoro, etc. Si tratta di un principio non nuovo, ma fondamentale per il riconoscimento dell’uguaglianza, nella differenza, e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana.

Infine è affermato con forza il principio della piena ed effettiva partecipazione e inclusione delle persone con disabilità nella comunità civile ed in tutte le attività politiche, sociali, culturali e ricreative. Tra gli effetti più significativi, il rifiuto di meccanismi di esclusione dal sistema di istruzione generale (in tutti i diversi gradi, obbligatori e liberi) e dal comune mercato del lavoro, ed invece la promozione di misure di supporto, anche individualizzate, che favoriscano una piena integrazione e parità di opportunità nei diversi ambiti.

Attuare la Convenzione. Affinché i principi ed i diritti affermati nella Convenzione non rimangano lettera morta, sono stati individuati, dal Consiglio Nazionale Disabilità, diversi livelli di intervento necessari nei processi programmatori delle politiche sociali:
- attività politica, in termini di concertazione e collaborazione istituzionale;
- attività tecnica, come percorso di definizione delle scelte e delle priorità, di valutazione di fattibilità, di identificazione delle condizioni organizzative facilitanti;
- attività sociale, come percorso di programmazione partecipata che valorizza le specificità dei diversi attori (istituzioni, associazioni di rappresentanza, etc.) e l’apporto che essi possono dare al raggiungimento di risultati di rilevante interesse sociale.
E’ necessario, insomma, un piano di intervento complessivo, una contestualizzazione sul territorio dei principi di accessibilità codificati a livello nazionale ed il coinvolgimento delle associazioni che si occupano di disabilità nella progettazione accessibile.

Se, come detto, diversi dei diritti e delle libertà fondamentali enunciati nella Convenzione erano già stati affermati e riconosciuti in precedenti Atti internazionali e ordinamenti nazionali, era necessaria una convenzione “speciale” per le persone con disabilità?

La risposta è, purtroppo, affermativa. La consapevolezza del fatto che, nonostante i vari strumenti giuridici disponibili, le persone con disabilità continuano ad essere cittadini discriminati e vivono condizioni di mancanza di pari opportunità ha fatto maturare la convinzione che un atto internazionale, esaustivo e completo, dedicato alla protezione dei loro diritti, possa dare un contributo significativo alla rimozione degli ostacoli che impediscono una loro partecipazione attiva e con pari opportunità nella comunità civile. Del resto - come sembrano dimostrare le statistiche sotto riportate - sono ancora in molti a pensare che le risorse dell’umanità sono scarse e vanno investite in maniera appropriata, vale a dire sui “sani” e non sui “malati”.

Il percorso per la concretizzazione dei principi della Convenzione non sarà breve né facile, ma essa segna per tutti, e fissa storicamente, l’inizio di un progresso culturale e sociale verso una vera uguaglianza di diritti.

 

 

650 Milioni di Persone con Disablità (PcD) nel mondo

          Solo il 2% di PcD hanno accesso ad interventi e servizi

          300 milioni sono bambini e il 98% di essi non ha accesso all’istruzione

          Meno del 10% ha accesso al lavoro

          Le donne con disabilità subiscono ulteriori discriminazioni in quanto donne.

 

57 Milioni di PcD in Europa

          Il tasso di disoccupazione è dell’80% (2003 – Eurostat)

          Il 16% della popolazione attiva europea ha una disabilità

          56% dei bambini frequenta classi o scuole speciali nei 25 Stati Membri (2003-Euridyce)

          500.000 PcD vivono attualmente in 2.500 mega-istituti (2004-Included in Society)

 

Statistiche fornite dal Consiglio Nazionale Disabilità.

Wanda Tedesco
Consigliere
Anffas Onlus Martesana


 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

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