CernuscoInsieme

Condividi il contenuto di questa pagina con i tuoi amici:

Torna alla pagina precedente

comunità pastorale

voce amica agorà oasi cVillage

piazzetta

dalla città

CernuscoInsieme.it - Il Portale della tua Città

Stai navigando in
HOME > La Città > Piazzetta di CernuscoInsieme > Comunicato
„Hanno rovinato tutto“ 
Racconto breve di Stefano Comi

 

Störkathen, il 29 settembre 2007

 

Non era propriamente un’abitudine, ma, di tanto in tanto, amava uscire col nonno per i campi la domenica mattina, mentre in casa era tutto un da fare per preparare il pranzo al quale avrebbero puntualmente partecipato non meno di dieci persone.

Camminavano in silenzio lungo le rogge povere d’acqua e il nonno spartiva col suo bastone le erbe e i cespugli come se si aspettasse di cogliere di sorpresa un qualche misterioso abitante della brughiera altrimenti deserta.

Arrivati in fondo al campo, il nonno si fermava. Osservava in silenzio la corona di foglie nuove della quercia e diceva: “Quest’anno la pioggia arriverá tardi”.

Lui provava a scrutare fra i rami alla ricerca degli indizi che gli avrebbero rivelato una veritá cosí ovvia, senza peró scoprire nulla.

Se un gruppo di anatre in formazione volava alto sopra le loro teste, il nonno le fissava per qualche istante e poi, scuotendo la testa, diceva: “Hanno rovinato tutto!”

Lui alzava gli occhi al cielo, osservava quella formazione perfetta e, pur non sapendo a chi aveva rivolta l’accusa né cosa fosse stato cosí irrimediabilmente rovinato, sapeva che il nonno aveva ragione.

Vicino al nonno si sentiva piccolo e ignorante e provava a stringersi al suo fianco in cerca di protezione, nella segreta speranza di assorbire almeno un po’ della sua saggezza.

Cosa aveva da raccontargli lui della vita? Che all’universitá, dopo l’ultimo scandalo era stato eletto un nuovo Magnifico Rettore? O che i prezzi nella caffetteria erano di nuovo aumentati?

Provava un senso di ridicolo vicino alla figura maestosa del nonno e non poteva che annuire ad ogni sua affermazione dando a quel gesto piú un senso di ammissione della propria ignoranza e impotenza che non quello di approvazione di una veritá che gli restava preclusa.

Di una cosa era certo: se un giorno il paese fosse stato minacciato da un’alluvione o dal terremoto, dalla peste nera o dalla guerra, il nonno lo avrebbe saputo almeno tre giorni prima, semplicemente osservando la quercia in fondo alla campagna o annusando il vento.

Quanto ai professori dell’universitá, questi sarebbero invece stati sorpresi nelle loro aule da uno studente che irrompendo con il braccio alzato e sventolando un giornale avrebbe gridato: “La guerra! La guerra! L’Italia è in guerra!”

Ad ogni fine mese, prima di andare a ritirare la pensione alla posta, si sedevano al tavolo ad esercitare la stesura della firma. Il nonno era analfabeta e, quello di dover scrivere il proprio nome per provare che lui era proprio lui, lo divertiva e lo sconcertava allo stesso momento. “ Forse che un faggio deve saper firmare per provare che è un faggio?” diceva.

Una volta arrivato in posta, di fronte agli sportelli e agli impiegati che fra una pratica e l’altra discutevano della situazione internazionale dei mercati finanziari, lui, analfabeta, da questa parte dello sportello, era un gigante di sapienza e quelli, dall’altra, piccole cavie che si affrettavano da una parte all’altra della loro gabbia senza trovare l’uscita.

Un giorno lo aveva accompagnato al circolo degli anziani dove, dietro al bancone, c’era un rubinetto da riparare.

Mentre era indaffarato nella sua opera, fra il brusio degli anziani occupati dal gioco delle carte e della dama, inaspettatamente entró il sindaco, accompagnato dalla sua segretaria e da un giovane visibilmente impacciato e prigioniero di un perfetto abito blu indossato su regolare camicia e cravatta.

Il sindaco, piccolo, tondo, poco piú che quarantenne, con una calvizie avanzata e compresso in un impermeabile di pelle, cominció a parlare di riconoscenza della comunitá nei confronti degli anziani, delle politiche sociali della nuova amministrazione, di segnali forti per la cittadinanza e per le nuove generazioni.

Senza mostrare particolari emozioni, gli anziani ascoltarono pazienti e, quando il sindaco, dopo grandi sorrisi e strette di mano, se ne andó lasciando sul primo tavolo una pila di libri, ognuno tornó tranquillamente al proprio mazzo di carte, alle pedine della dama o al proprio bicchiere di vino.

“Chi ha sposato quello lí?” chiese qualcuno.

“La figlia del barbiere” rispose un altro, lanciando sorrisi ammiccanti e occhiate furtive ai suoi vicini.

“Allora era meglio se i libri li avesse portati a sua moglie!” ribatté il primo, scatenando un boato di risa e sghignazzi accompagnati da grandi pacche sulle cosce e pugni sul tavolo.

Dal suo angolo dietro al bancone, lui osservava i lazzi ormai senza ritegno di quella che gli sembrava sempre piú una banda di ragazzini nell’ora di ricreazione e non poteva fare a meno di partecipare a quella esplosione di ilaritá, anche se non ne conosceva la ragione.

“Povero sindaco” pensó osservando il muro impenetrabile che lo separava dal loro segreto.

“E lui e´ sposato?” chiesero al nonno indicando proprio lui che dietro al bancone avrebbe voluto essere invisibile.

Immediatamente scese il silenzio e una selva di occhi lo fissava mentre lui si sentí il sangue raggelare nelle vene.

“ No, studia” rispose il nonno.

“ E il soldato lo ha giá fatto?” chiese un altro.

“ L’anno prossimo! Dopo la laurea andrá alla scuola ufficiali”

L’assemblea annuí soddisfatta. “Bravo!” “Bravo!” ripetevano da ogni angolo.

Sentí di aver superato uno degli esami piú difficili della sua vita mentre la fronte gli si imperlava di sudore.

“Ricordati, diceva un altro, quando si esce dalla trincea bisogna farlo tutti insieme e stare ordinati in una linea, altrimenti quelli rimasti piú indietro finiscono con lo sparare a chi è uscito per primo!”

“Ma cosa vai raccontando, lo rimbeccó il vicino, oggi la guerra non si fa mica piú in trincea! Sei rimasto ai tempi del cucú!” E via con una discussione sulla guerra che presto coinvolse tutti e della quale gli provenivano solo brani e spezzoni intercalati dal ritornello che cosí spesso aveva sentito dal nonno: “Hanno rovinato tutto!”

Cercó di affinare l’udito per cogliere un motivo di fondo, un legame omologo che gli permettesse di seguire una traccia in mezzo a quella confusione di voci.

“Hanno rovinato tutto, diceva uno, una volta si sparava di giorno da una trincea all’altra. Poi la sera, quando gli ufficiali si ritiravano al casino, uscivamo gattoni a scambiare sigarette e grappa col pane e burro dei ragazzi dall’altra parte. Oggi è tutto il contrario. Di giorno sono tutti lí a darsi gran strette di mano e a fare discorsi importanti per poi, di notte, mettersi bombe assassine e anonime l’uno davanti alla casa dell’altro. Non si capisce piú niente. Non sai piú chi è l’amico e chi il nemico. Fino a ieri ti hanno fatto sparare da una parte e da oggi devi sparare dall’altra. A chi ha ucciso il tuo compagno viene pagato un riscatto e ora devi stringergli la mano come niente fosse, mentre fra i tuoi amici ci sono alcuni ai quali non devi mai girare le spalle perché non sai fino a quando saranno tuoi amici. Hanno rovinato tutto!”

Mentre tornava a casa, passando vicino alle ruspe che avevano strappato l’ultimo platano per far posto al nuovo centro commerciale, senza sapere esattamente a chi rivolgere la sua accusa, non poté fare a meno di pensare: “I vecchi hanno ragione, hanno rovinato tutto!”

Un nodo gli chiuse la gola, mentre l’inizio di una lacrima giá gli lucidava gli occhi.

 

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato

Sito continuativamente attivo dal 1 gennaio '01  -  Best View:  800x600 - IE 6