FORMA SOSTANZA E QUAQUARAQUÀ

A proposito di modalità di presentazione dei progetti urbanistici. E altro.

 

Non so, come invece si sostiene, se “portare a conoscenza dell’intera città ogni progetto presentato da privati, con il primo strumento utile allo scopo”, sia l’uovo di Colombo. O se questo meccanismo fosse o rappresentasse il metodo perfetto o la “trasparenza” assoluta. E nemmeno se, quello classico precedente (recente o remoto), nascondesse intrighi e quant’altro come parrebbe intendere la svolta. Di certo, questa innovazione formale, può essere concettualmente ribaltata, come emerge dal confronto a più voci, fra pro e contro.

 

Nemmeno sono in grado di valutare se ogni progetto di adesso, nasca “vergine”, senza previe consultazioni, ufficiali o ufficiose, intra o extra istituzione! Par di certo strano che lo sia veramente (vergine). Così d’amblè: et voilà, cari Cernuschesi, eccovi le proposte originali dei privati, “ma noi non centriamo nulla”! Come se, a dir poco, la variazione della zonizzazione del P.R.G. che di norma accompagna i super-progetti, non fosse preventivamente concordata o non necessitasse di concertazione preventiva! Come se non ci si possa-debba (per forza) già accordare prima e presentare, per esempio, una torre di 15 piani, per poi dopo, grazie alla cosiddetta “trasparente” trattativa, far finta d’imporre un piano in meno onde proclamare “come siamo stati bravi” o roba del genere. Suvvia, chi ci crede? E poi, chi s’imbarcherebbe in progetti costosi solo per il gusto di farlo, senza garanzie di riuscita? Mica sono tutti come quel famoso marito…

 

Quanto al “prima” (remoto), di certo i progetti erano già inquadrati nel P.R.G. (almeno quello….) e poi affinati nelle trattative delle “sacrestie” partitiche. Non molto diverso nella forma, dall’altro “prima” (recente) dove, infischiandosene del quadro generale, la loro proposizione era molto più decisa e “contrattata” direttamente negli androni del castello del Teocrato o del Tigellino di turno, come dicono ora in tanti. Cosa cambia ? Perché scandalizzarsi ? Sta forse qui il nodo? Andiamo, siamo seri almeno in quest’ennesima e inutile querelle paesana. I Cernuschesi ragionano, lo diciamo da tempo, ma sembra che non lo si voglia intendere. 

 

Meraviglia però che si discuta sulle inezie e che, nuovamente, si cerchi di spostare l’attenzione sul falso problema della forma, non la sostanza. Chi se ne frega, almeno così la penso, del nuovo metodo, se poi, quello che veramente conta sono i contenuti? Stiamo parlando di urbanistica, mica patatine. A chi interessa l’avvenuto protocollo (o meno) dei progetti dati subito (o dopo) in pasto alla gente? Forse che non abbiamo già assistito a proposte sangiuseppine di anteprime, tipo ristoranti in cima all’acquedotto o P.R.G. poi cambiati in un amen? Ciò che deve qualificare un progetto è la sua utilità, la rispondenza alle necessità della città, al miglioramento della qualità della vita. Conveniamone tutti che la politica oltre che l’ “essere” deve anche “apparire” ma non facciamo mai prevalere quest’ultima.

 

Alle sciape discussioni sulle forme di presentazione, devono poi seguire, indubbiamente,  saporite scelte di merito. Di certo però non si può sottacere che gli sbandamenti contingenti e le difficoltà interpretative (!) derivano dall’incertezza originata da mancanza di linee guida pianificatorie generali nelle quali ci troviamo impastoiati da troppo tempo, dove s’infilano cunei deleteri. Un’ infelice e insufficiente progettazione urbanistica quadro che favorisce spesso e volentieri sbragamenti, magari giustificati dal fatto che si tratterebbe solo di ritagli territoriali, dimenticando che tante pezze fanno un’arlecchinata, buona solo a carnevale. Per contro, si arriva al punto di modificare, in alcuni casi, le poche certezze che il P.R.G. prescrive in talune zone per sopraggiunte “dismissioni”. Ovvero, dove non c’è certezza la si trova, dove c’è la si abbandona! Un bel rebus no? Strano davvero! E chissà poi perché, ma forse è ancora un caso, tutti a (s)favore di aree a vocazione produttiva, tranciando come una mannaia senza speranza alcuna di riconversione tecnologica e produttiva la prima pietra di un’economia non parassitaria della società civile: favorire i posti di lavoro, che sia chiaro, vengono ben prima della stessa casa.

 

In città, si coglie il palese disagio di uno sviluppo edilizio abitativo insostenibile, una difesa del territorio fumosa, un’ineluttabile desistenza allo strapotere immobiliare per interventi tutti monoclasse. Ma ancor più, da fastidio ciò che appare inazione e remissione alle avances del mattone, senza porre in essere un qualsiasi re-indirizzamento della politica urbanistica (che va ben oltre i sottotetti) determinando la soccombenza delle Istituzioni. Intanto si lascia spazio, si perde tempo e filo per star dietro a proposte fantasiose (?) dei “privati”…

 

Per favore, fermiamoci a riflettere. Nessuno ha il coraggio di tentare, ne osa, mettere una parola fine ad un  processo pianificatorio (P.R.G.) ormai morto e sepolto fin quasi da subito, tanto più ora a metà della sua durata temporale. Non c’è intervento urbanistico rilevante di cui si discute che ne sia coerente. Si aspetta sempre! Cosa si aspetta? Perché mai si aspetta? Mettere almeno mano alla verifica fra stato di fatto pre-PRG. (fine anni ’90) e  stato attuale prodotto dallo stesso P.R.G. è poi così difficile? Come non esaminare gli esiti della progettazione generale sommati a quelli degli interventi “integrati” per capire dove siamo o dove arriveremo? Sono soddisfatte o “bucate” le previsioni teoriche confrontate a quelle effettive? I fabbisogni abitativi, gli standard urbanistici, i servizi collettivi sono coerenti? Chi ne tiene conto? Chi ci assicura? Chi lo verifica? Cose già dette.

 

L’uso dei “parametri” urbanistici progettuali del P.R.G. – potenti strumenti discrezionali normalmente sottovalutati ma che qualificano davvero un’Amministrazione rispetto ad un’altra - è stato azzeccato,  sovrastimato, sottostimato o del tutto erroneo? Si vuole o no capire che di fronte ad uno strumento urbanistico coerente - o se si preferisce il meno intriso di contraddizioni, rischio sempre in agguato nella gestione del territorio - i progetti non riconducibili ad esso non possono essere serenamente valutati? Perché dunque non esaminarci e preparare le basi per uno studio comunque indispensabile e che prima o poi dovrà pur essere avviato? Che serve discutere di “protocollo” di “pubblicizzazione” di “trasparenza” se prima non si fa un esame di coscienza collettivo, nuova Legge urbanistica Regionale o futuro Piano di governo del territorio compresi?  

 

Quanto all’invito a “mettere a disposizione i miei dati anziché annunciarli” credo proprio che non ci siamo. Non per timore di chicchessia, ma per la personale difficoltà che incontro ad affrontare problemi complessi, ostici e per i quali non ci sono verità acquisite. Pongo sempre “interrogativi” prima di tutto, sperando che ciò non sia una colpa, come sembrerebbe. Cosa centra quindi l’accusa di “sparare sul pianista” ?  L’eventuale disponibilità, per onestà intellettuale, presuppone il previo adempimento di taluni riscontri oggettivi “sui numeri”. E’ richiesta prudenza prima di esporli, anche perché il clima locale, non sereno, non si presta a studi valutazioni e tesi, pur tralasciando il rischio di fare la fine del tordo. Dove sono e cosa dicono gli esperti del settore? E gli addetti ai lavori, tecnici, architetti, urbanisti e ingegneri? Tutti intruppati, allineati e compatti?

 

Tocca al Comune esporre i dati, per dovere istituzionale, non al sottoscritto. Tanto meno ora chela comparazione dei dati previsionali con lo stato di fatto, sorprenderà  coloro che gridano alla cementificazione di Cernusco”. Apprendo con  piacere questa novità! A maggior ragione quindi ho motivo di restare in campana. Meglio così no? Evidentemente ci sono dati ufficiali tranquillizzanti e certi che sembrano l’esatto opposto dei miei. Tutto va bene dunque madama la marchesa? Mi chiedo però e ancora, dove e come questi dati sarebbero disponibili. Se “nessuno ha paura” dunque, perché tenerli in saccoccia? E soprattutto, perché non correggere, doverosamente, la statistica “sgangherata” pubblicata dal Comune oltre agli ultimi dati “rassicuranti”. Troppo comodo! O no?

 

Buon ultimo. Come si fa a presentare proposte preliminari al nuovo Piano di Governo del Territorio, che travalichino i semplici interessi personali (sempre insiti in quel “chiunque abbia interesse”) che abbiano una vera finalità collettiva - territorio bene comune – ed un vero interesse pubblico se non si conoscono le questioni fondamentali - base ancora una volta qui sollevate? Vogliamo scommettere che le proposte saranno tutte del tipo “mettere questo o quel mio terreno edificabile?” Vogliamo scommettere che i recenti super-progetti sangiuseppini, saranno riproposti tali e quali? Vogliamo scommettere che se resta fuori qualche cosa la risposta sarà “tanto ci sarà tempo dopo, per le osservazioni ufficiali ?” Si è perso e si perde tempo prezioso. Si vanifica un’occasione prevista dalla legge. Il treno per un new deal della gestione del nostro  territorio già si muove sui binari. Proviamo a salirci tutti. Basta quaquaraquà. 

 

Sergio Pozzi

 

Cernusco, 18 aprile 2006

CernuscoInsieme non si assume nessuna responsabilità legata al presente comunicato