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UN GESUITA DI NOME FRANCESCO

Come era prevedibile, è successo quanto nessuno aveva previsto. Ci si aspettava un papa giovane e in forza, possibilmente europeo se non italiano, per continuare l’azione interrotta da Benedetto XVI, e invece i cardinali, sotto l’azione dello Spirito, hanno scelto un papa che giovane non è di certo, almeno nell’età, e che viene “dalla fine del mondo”, dal Nuovo Mondo e dal sud del mondo.

 

Il cardinale Jorge Maria Bergoglio porta con se un po’ di primati: è il primo papa latino-americano, è il primo papa gesuita, è il primo papa che assume il nome di Francesco. Ma non è questo che mi ha particolarmente colpito. Piuttosto sono rimasto affascinato dal suo modo di presentarsi. Ha ricordato anzitutto il motivo principale per cui egli è il papa: perché i signori cardinali lo hanno scelto come nuovo vescovo di Roma. Ha insistito sul legame che lega un vescovo al suo popolo, il popolo di Dio che è pellegrino in terra. Ha fatto accenno al suo predecessore, vescovo emerito di Roma, e al suo vicario per la città, il card. Vallini, che ha voluto accanto a sé, quasi a rimarcare il suo compito principale di pastore. Ha domandato di essere benedetto e riconosciuto dal suo popolo, da quella Chiesa davanti alla quale si è inchinato, perché ne è il servitore. Ha dato, infine, la sua benedizione, non senza aver chiesto prima di pregare insieme con le preghiere di ogni cristiano: il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria.

Non ho vissuto i tempi del Concilio Vaticano II, indetto cinquant’anni fa’ da Giovanni XXIII (un altro papa eletto prima di compiere i 77 anni), ma in questi giorni, dalla rinuncia di Benedetto XVI alla elezione di papa Francesco, ho respirato aria di Concilio. Da Benedetto e Francesco – passando per Ignazio – che cosa ci si può attendere, infatti, se non il primato di Dio e il ritorno alla radicalità evangelica?

 

don Ettore Colombo

 

 

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