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DON GIUSEPPE HA INSEGNATO NEI FATTI
L’AMORE A CRISTO, ALLA CHIESA E AGLI UOMINI

Il tributo di affetto a don Giuseppe Cazzaniga, durante i suoi funerali, è di per sé un giudizio storico, preciso ed inequivocabile, reso con sincerità da chi gli ha voluto bene. Egli è stato con tanta dedizione ministro delle cose di Dio, annunciatore instancabile della Parola, dispensatore della Grazia, padre di tanti figli spirituali.

 

Ma chi era don Giuseppe? Fu degno successore di don Felice Riganti, primo parroco di San Giuseppe Lavoratore, e vero artefice di questa parrocchia. Don Giuseppe Cazzaniga era nato a Sovico il 2 marzo 1933. Entrato in seminario a Venegono nell’ottobre 1949, venne ordinato sacerdote dal cardinal Montini il 28 giugno 1956. Dal 1956 al 1965 fu coadiutore nella parrocchia di Venegono e dal 1965 al 1976 coadiutore nella parrocchia di Garbagnate Milanese. Il 29 gennaio 1976 venne nominato dal cardinale Giovanni Colombo parroco di San Giuseppe Lavoratore, dove fece il suo ingresso solenne il 28 marzo 1976 con questo breve messaggio: «Cari amici, permettetevi di chiamarvi così, anche se per il momento non ci conosciamo neppure; questa parola infatti, rivolta da Gesù ai suoi “fedeli” (“…vi ho chiamati amici…”), mi richiama in modo molto simpatico e nello stesso tempo, impegnativo, la missione che sto per iniziare in mezzo a voi: una missione meravigliosa che “deve” riprodurre e perpetuare quella di Gesù tra gli uomini. Se così non fosse, io tradirei il mio mandato e la vostra fiducia.»

Un cammino di quarant’anni - Il suo fu un cammino lungo più di quarant’anni durante il quale, fedele alla vocazione sacerdotale, ha saputo essere con tanta dedizione ministro delle cose di Dio, annunciatore instancabile della Parola, dispensatore della grazia di Dio attraverso i sacramenti, padre dei figli spirituali che in lui hanno trovato come punto di riferimento sicuro un uomo, un fratello, un maestro, un padre ed un amico.
Uomo di fede, esperto di liturgia, persona di preghiera che ci ha insegnato nei fatti l’amore a Cristo e alla Chiesa, uomo semplice e schivo, che credeva nella sostanza delle cose e delle parole e che non ha mai cercato di mettersi in mostra, convinto che la discrezione fosse il modo più plateale per esserci. Spesso incompreso, criticato ed attaccato, in umile obbedienza, con saggezza risolutrice e con la sua parola comunque mai dura anche quando doveva ribadire con forza una verità scomoda, ha tirato avanti “la carretta”  per più di trent’anni, certo che il valore e l’onesta di una persona vengono fuori col tempo. Il suo calice è stato il suo quotidiano compagno di vita: in esso ogni giorno egli vi ha deposto gioie, fatiche, sacrifici, debolezze, soddisfazioni,  rinunce, vittorie, amarezze e dolori sopportati con amore. Il suo è stato un fardello pesante: alcuni momenti sono stati drammatici e difficili, ma don Giuseppe non si è lasciato mai scoraggiare dagli eventi e con il suo silenzio sulle persone e con dignità sacerdotale ci ha insegnato a non giudicare mai ma solo a pregare.

La nuova chiesa - All’assegnazione dell’area per la costruzione della nuova chiesa, don Giuseppe scrive: “Si tratta di un nuovo grosso impegno che la nostra Comunità parrocchiale si assume, ma che comunque apparirà sempre più inderogabile nei prossimi anni. Sarà ancora una volta la nostra fede che ci unirà nell’affrontarlo”.
Il 20 giugno 1985 iniziano i lavori per la nuova costruzione e nella solennità del Santo Natale 1990 la nuova chiesa viene ufficialmente inaugurata e diventa definitivamente il nuovo luogo di culto della comunità.

Con il cardinale Martini, la dedicazione - Sabato 11 settembre 1993 il cardinale Martini celebra il solenne rito della dedicazione della chiesa. «L’abbiamo attesa, desiderata, persino sofferta per tanto tempo. Certo non sono i muri che possono cambiare la vita di una parrocchia, bensì i cuori degli uomini; rivedo tanti gesti d’amore, offerte scaturite proprio dal cuore; dal cuore di persone semplici che si privavano di qualcosa per poter esprimere la loro solidarietà; dal cuore di anziani e di bambini che volevano “fare la loro parte”; dal cuore di qualche benestante che riteneva doveroso “dare una buona spinta”; dal cuore di persone di fede che magari ogni giorno o comunque ogni domenica, partecipando alla celebrazione della Messa davano il loro piccolo ma costante contributo per  sentirsi “assemblea” in modo vero e attivo…Quanti cuori…quanto amore ha costruito questa Chiesa! (don Giuseppe).» 

Il GSO Paolo VI e la palestra - Il 20 giugno 2004 don Giuseppe firma l’atto costitutivo della Polisportiva GSO Paolo VI,  associazione dilettantistica per vivere assieme ai ragazzi un’esperienza sportiva secondo una visione educativa fondata su principi cristiani e per proporre un ideale di vita cristiana che è sempre un invito, mai un obbligo. 
Il 17 marzo 2007 è stato  per la parrocchia un altro giorno “semplicemente eccezionale”. Don Giuseppe inaugura la nuova palestra all’oratorio Paolo VI. Cosi scriveva: “Io ho guardato un po’ da lontano la nascita  e la costruzione di questa nostra palestra; un po’ come un papà che osserva i propri figli mentre costruiscono il loro futuro, la loro vita. E questo l’ho potuto fare perché ho visto la determinazione e la tenacia di don Gianluca e dei componenti del GSO; con la loro giovinezza e vivacità hanno - sconfitto - la mia titubanza e il mio timore soprattutto per l’elevato impegno economico.  Ora siamo qui a festeggiare  questo nuovo pezzo della nostra storia, questa nuova iniziativa a favore dei nostri ragazzi, questo traguardo raggiunto grazie  a tanto impegno, disponibilità, buona volontà”.

Quella notte di violenza - Nel 2005 la comunità si stringe con affetto attorno al suo pastore per l’episodio violento del giorno di Pasqua. Sentiamo le parole di don Giuseppe: “Cari amici parrocchiani sento il bisogno di rivolgermi a voi per dirvi il mio sincero affettuoso grazie. L’episodio violento che, mio malgrado, mi ha visto protagonista-vittima ha certamente segnato la mia vita. La furiosa reazione di quei tre giovani sconosciuti che mi hanno selvaggiamente picchiato, forse senza nessun timore di poter uccidere, mi ha lasciato “stordito”; ed oggi  ancor più dei primi giorni, avverto la gravità e le possibili diverse conseguenze che quell’atto poteva generare. Fortunatamente mi sto riprendendo senza particolari difficoltà, grazie alle discrete reazioni fisiche ma soprattutto grazie alle numerose e calorose dimostrazioni di affetto che mi hanno dato un senso di fiducia e di serenità.”

La rinuncia, il ricovero - Nel 2007 a don Giuseppe viene chiesto di dare le dimissioni anticipate da parroco per favorire la nascita della Comunità pastorale Famiglia di Nazaret. Il resto è storia dei nostri giorni: dal  settembre del 2012 le condizioni di don Giuseppe progressivamente peggiorano fino all’ottobre del 2013 quando viene ricoverato presso la RSA “Il Melograno.”

 

Grazie don Giuseppe per la tua fedeltà alla vocazione sacerdotale e al tuo ministero pastorale, per la tua generosità nella donazione e dedizione totale al tuo popolo nel servizio dei più umili, per la tua pazienza nel trattare i fedeli, per la tua fiducia in Dio che sapevi che ti amava anche nelle difficoltà e nelle prove, ed infine per la tua silenziosa operosità nei riguardi di tutti senza avere nulla in cambio, se non la consapevolezza di servire Dio e la gioia di dover crescere attorno a se una comunità di fede. 

 

LZ

 

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