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…Il Signore ne ha bisogno

CON QUESTO BRANO DAL VANGELO DI MATTEO (MT 21, 3) DON DAVID MARIA SI PRESENTA ALLA NOSTRA COMUNITÀ: NON UN INTERVISTA MA QUANTO QUESTO CAMBIO SUGGERISCE AL SUO CUORE

 

 
don David Maria Riboldi sul sagrato della Chiesa Prepositurale

Conoscere, voce del verbo…

Cari amici di Cernusco sul Naviglio, della Comunità pastorale “Famiglia di Nazaret”, eccomi a voi. Credo che siamo abitati, voi ed io, da un comune sentimento: una straordinaria, intensa e insaziabile curiosità! La curiosità è il pane dell’attesa, è lo sguardo sull’ignoto; è come essere davanti a una siepe o alle colonne d’Ercole: l’oltre è affascinante, perché misterioso e ci semina dentro la voglia di conoscere, di gettare luce su quanto non conosciamo. Così mi ritrovo curioso, perché ho una voglia matta di conoscervi! E non vado lontano dal vero se credo sia un sentimento che ci accomuna reciprocamente: chissà che tipo è il nuovo don, chissà come la pensa su questa attività, su quest’altra, sarà simpatico o no, sarà competente, come sarà il suo stile… la curiosità può essere nociva, ma nasce dalla sana voglia di conoscere. Conoscere, voce del verbo… amare? Ebbene sì, direi forzando un po’ la grammatica che la radice del conoscere è proprio l’amare. Il nostro Papa Francesco, nella sua recente enciclica, ci ricorda che S.Gregorio Magno scrisse: “amor ipse notitia est”, l’amore stesso è una conoscenza e continua dicendo che l’amore è “fonte di conoscenza”, ma al tempo stesso “l’amore ha bisogno della verità” (Lumen fidei, 27-28). Lo trascriverei così: conoscere è la prima forma d’amore e non c’è conoscenza senza amore. Anzitutto il mio primo modo di volervi bene sarà quello di conoscervi, dall’imparare i nomi (quanti!) al masticare le tante e belle tradizioni di cui ogni comunità vive fino all’entrare con grande dolcezza nel cuore di chi sente il bisogno di una qualche parola di conforto, per trovare o ritrovare Gesù, la propria strada nella vita o la via d’uscita quando ci si trova a brancolare nel buio. E d’altronde non c’è conoscenza senza amore, o diventiamo ingenue vittime di racconti e pregiudizi che rendono opaco il nostro sguardo sulla bellezza che Dio ha creato in ognuno di noi. Del resto tutti coloro che un po’ di anni insieme li hanno macinati sanno bene che solo dopo hanno saputo apprezzare il dono che l’altro era: ebbene, ho proprio voglia di conoscervi, a uno a uno. Conoscere, voce del verbo…

Nella borsa, gli occhiali da sole

È tempo di trasloco, mentre scrivo, e certo guardo a dove sono diretto e mentre mi scopro curioso, mentre vorrei gettare luce su quanto m’è ancora oscuro, brillano davanti a me le storie di luce che hanno lampeggiato nella vita della comunità che vado a servire. Penso a don Carlo Gnocchi, a don Luigi Biraghi, a Suor Anna Maria Sala e al carisma delle Suore Marcelline: davvero mi trovo a immergermi in uno sciame di stelle affascinante. “Essi sono la scia luminosa di Dio”, così chiamava i santi Papa Benedetto parlando ai giovani riuniti a Colonia. Vorrei allora lasciarmi abbagliare da tutta questa luce, starci dentro e non perderne neanche un raggio! Quando d’estate il sole esce allo scoperto ci ripariamo all’ombra di qualcosa per salvarci dalla sua violenza. E invece io voglio scottarmi pur di sentire sulla pelle il calore di Dio che i santi ci fanno sentire da vicino. E mi metterò un paio di occhiali da sole pur di resistere a tutta questa luce, per godere a pieno di tutto il bagliore incandescente che intravedo in loro e i suoi riverberi di mille colori che voglio gustare in voi che di questa storia di luce siete il presente. Già solo a guardare gli oratori vedo tanta cura, tanta passione, tanta dedizione spesa per i piccoli: quanta luce!  E io me la voglio godere tutta! Chissà poi tutto il bene che non si vede e non fa parlar di sé.

Quel povero asinello!

Un ultimo pensiero. Mentre salivo in montagna coi ragazzi di Lainate, durante una gita dell’ultimo campeggio, comparve dietro una curva un asinello, meglio erano in due “parcheggiati” ad alta quota, che si facevano compagnia, beandosi di tanta pace e brucando tranquilli. Un flash mi si è acceso: ma chissà quel povero asinello, quel “puledro figlio d’asina” cosa stava combinando prima che Gesù lo mandasse a prendere per varcare trionfalmente le porte di Gerusalemme. E Gesù sapeva bene che c’era, dov’era, cosa stava facendo, e che qualcuno avrebbe forse avuto da ridire, ma nessuno si sarebbe opposto se si trattava del Signore, se fosse stato il Signore ad averne bisogno. E ne aveva bisogno per entrare in città, per farsi portare dentro le mura della città amata. Cari amici, non vi nascondo che mi sento un po’ asino, ultimamente:  preso alla sprovvista mentre pascolavo altrove perché “il Signore ne ha bisogno” per continuare a entrare nelle mura dei tanti giovani, ragazzi e bambini di Cernusco! E allora mi lascio portare da Lui, per portarLo dove Egli vuole: “Così vai e non sai bene se sia Egli che ti porta o tu che porti Lui” (“Cristo con gli alpini”, Beato C. Gnocchi). Non posso negare che questo suo volere me, mi onora sempre: che Grazia poterGli fare da cavalcatura e assistere in prima linea al suo sgretolare le mura di difesa di tanti per conquistarne il cuore e piantarvi la bandiera del Vangelo, la Croce del Suo Amore.

Vado a chiudere

Un padre della chiesa scriveva che la curiosità dopo Gesù non ci è più necessaria (“Nobis curiositate post Christum non opus est”, Tertulliano), tuttavia amerei leggere in quest’umano sentimento un profondo e autentico desiderio di bene, meglio di voler bene, di fare luce e più ancora di cogliere tutta la luce che già c’è. Io da buon asinello cercherò davvero di portare Gesù, non me, il mio stile, le mie idee: tutto ciò che in me e in te c’è di buono viene da Lui e soprattutto è per Lui, per la sua Gloria.

Vi prometto e vi chiedo tanta preghiera, perché lasciar passare Gesù e non se stessi vuol dire… diventare santi! Ma visto che a Cernusco già in tanti ci sono riusciti mi sento davvero sulla buona strada!

Buon cammino, insieme!

ddmr

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