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HOME > La Nota della Settimana > N° 8/2015

IMMIGRAZIONI, NON POSSIAMO RESTARE SPETTATORI

Papa Francesco, lo scorso 17 febbraio, ha ricevuto in Santa Marta una rappresentanza degli uomini della Guardia costiera impegnati in mare nel salvataggio di vite umane: dal 1991 ad oggi ne sono state salvate 460mila. «Io ho ammirazione per voi, davvero, e mi sento piccolo davanti al lavoro che voi fate rischiando la vita.» Queste le prime parole di Francesco agli ufficiali e sottufficiali ricevuti. Poi ha aggiunto: «Vi ringrazio per quello che voi fate, rischiate la vita lasciate la famiglia … senza sapere se si possono salvare questi (immigrati, ndr). E poi quando tornate, l’accusa di tanta gente: “perché perdere tempo? Finiamola con questo!”».

A proposito della recente tragedia al largo di Lampedusa, davanti alle coste libiche, costata oltre 300 morti, monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha detto che “la tragedia è figlia dell’abbandono di Mare Nostrum. Un’operazione che doveva essere condivisa a livello europeo e consentire un canale umanitario attraverso il quale effettivamente accogliere queste persone alla ricerca di una protezione internazionale”. Sostituita dall’operazione Triton, la nuova politica europea sul controllo del Mediterraneo – ha aggiunto Perego - “dimostra di essere assolutamente “insufficiente, incapace di gestire una situazione che sta crescendo”. Perego fa notare infatti come in questi primi due mesi del 2015 gli arrivi sono aumentati rispetto ai primi due mesi del 2014 e i morti sono addirittura triplicati (non considerando i 300 citati, ndr). Si è passati cioè dalle 12 vittime accertate nei primi due mesi del 2014 alle 50 nello stesso periodo del 2015. “Non si può far finta di nulla”, ha proseguito il direttore generale della Fondazione Migrantes. “È chiaro che l’Italia affronta questa situazione partendo da una condizione di debolezza per la mancanza di un’organizzazione puntuale di prima e seconda accoglienza. E questa debolezza del nostro Paese diventa un vulnus per tutta l’Europa”. Ma si preferisce ignorare la notizia perché – ha concluso monsignor Perego - “si vuole rimuovere una responsabilità e non farla emergere. La responsabilità di un’Europa che sostanzialmente non sta governando questi flussi nel Mediterraneo.”

Deciso no “a letture parziali”: è quello pronunciato da monsignor Domenico Pompili, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali. Letture che riducono il fenomeno migratorio ad “una battaglia politica per racimolare consenso o, all’opposto, a un’esortazione generica sulla solidarietà”. Il punto è “comprendere che la ricerca di uno sviluppo finalmente sostenibile sul piano ambientale e compatibile con le attese di tutti impone una valutazione che sappia essere concreta ed equa, in una parola umana”, senza continuare a coltivare “una metodologia a compartimenti stagni che viviseziona i fenomeni per competenze e di fatto riduce il tema delle migrazioni a un problema di sicurezza nazionale, a una questione di sviluppo economico, a un processo d’integrazione multiculturale”. Per monsignor Pompili, , “la pretesa scientifica di attestarsi solo sui dati quantitativi fa perdere di vista l’insieme e cancella la percezione che dietro questi enormi movimenti di esseri umani si annida il bisogno legittimo e insopprimibile di cercare soluzioni più degne di vita. Come dimostra, per converso, la fuga di tantissimi giovani dal nostro Paese verso altre contesti geografici ed economici”. Sul piano religioso, avverte, “occorre onestamente riconoscere che la separazione tra fede e vita può prendere corpo anche nella sottile dissociazione tra credere personale e apertura ai problemi del mondo. Questo però non è possibile per chi crede. E per chi appartiene alla Chiesa che è senza frontiere ‘per definizione in quanto cattolica’ e ciò in ragione dell’essere madre di tutti”. “La dimensione sociale dell’evangelizzazione fortemente richiamata nella Evangelii gaudium - ha concluso - è un banco di prova della maturità della fede cristiana che in un momento così confuso e conflittuale torna ad orientare tanti uomini credenti e non credenti, che non si accontentano di soluzioni facili e preconfezionate”. http://piwik1.glauco.it/piwik.php?idsite=9

“Gli sbarchi nella nostra terra sono l’aperta denuncia delle tragedie legate al terrorismo, ai genocidi, agli attentati, ai disastri ecologici. E noi credenti, davanti a tutto questo, non possiamo restare spettatori. Né possiamo sentirci a posto con la nostra fede se pensiamo che questa gente (per qualcuno gentaglia) deve tornarsene indietro perché sono un inquietante disturbo”. Lo ha detto, nello scorso Mercoledì delle ceneri, il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. “Convinciamoci che rifiutarli e disprezzarli è rifiutare e disprezzare Cristo”, ha aggiunto l’arcivescovo, che stenta “a capire come ci si possa definire buoni cristiani o impegnati operatori pastorali, se poi si nutrono sentimenti antievangelici o si resta indifferenti dinanzi a tanti fratelli immigrati. Agli operatori pastorali (catechisti, animatori della liturgia, della carità e delle missioni) che pensano così consiglio, anche per coerenza personale, di sospendere il loro servizio nelle comunità. Il Vangelo o si accoglie e si annunzia tutto o non si è cristiani. Non possiamo essere noi a decidere di amare chi vogliamo o chi ci piace. Se desideriamo che qualcosa cambi dobbiamo iniziare a cambiare i nostri cuori”. La Quaresima, ha concluso, “significhi perciò passaggio: dall’egoismo all’amore, dal possesso al dono, dalla paura alla speranza, dalla morte alla vita”.

Non si può essere più chiari di così! E l’ammonimento vale anche per noi, perche pure all’interno della nostra Comunità pastorale non mancano diffidenze e ostilità verso gli immigrati.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 23 febbraio 2015

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