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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 45°/2008

In paese, nei duri anni della guerra,
i giovani cattolici invocavano la pace

 

Abbiamo appena ricordato, anche a livello cittadino, il 90° anniversario della fine della “grande guerra”.

Domenica 2 novembre, infatti, dopo la celebrazione della Messa (ore 9,30 in Agorà), le autorità civili e militari, con le associazioni d’arma, hanno percorso in corteo le vie centrali della città per poi deporre una corona d’alloro al monumento ai caduti di piazza Martiri della Libertà.

Dalla pubblicazione editata nel 1933, in occasione del 25° dell’associazione Unione Giovani Cattolici di Cernusco sul Naviglio, curata dal concittadino don Luigi Ghezzi, ricostruiamo alcuni frammenti della vita della nostra comunità, negli anni della prima guerra mondiale.

   

La chiamata alle armi - “Ai primi di marzo del 1915 fu richiamato sotto le armi il Presidente dell’associazione  … e incominciò purtroppo anche (l’arruolamento) di molti soci, ai quali però si promise conforto di assistenza impegnandosi (chi rimaneva) a scrivere a ciascuno di loro frequentemente e di far avere gratuitamente a loro il giornale quotidiano cattolico della Diocesi.”

La divisione tra neutralisti ed interventisti, in Italia, spaccò trasversalmente le forze politiche e sociali e gli stessi cattolici. La speranza di scongiurare lo scoppio del conflitto bellico durò poco.

“Quando l’Italia a maggio entrò in guerra, l’associazione impiantò un ufficio per informazioni militari, che fu poi riconosciuto ufficialmente anche dall’autorità e servì per tutto il paese. Quanti genitori o incapaci o impossibilitati a tenere corrispondenza con loro ricorrevano anche per questo all’ufficio informazioni, a cui si unì anche una sezione femminile per provvedere ai soldati durante l’inverno indumenti di lana. Per il finanziamento dell’ufficio informazioni servivano non poco gli incassi della sezione Filodrammatica.”

L’inizio delle operazioni militari portò ben presto dolore e lutti.

“L’Unione non tardò a dare il suo tributo di sangue alla patria e prima con qualche socio ferito e poi con due gloriosi caduti”: Piero Bestetti (classe 1889) e Francesco Cucchi (classe 1892), entrambi decorati di croce di guerra e di medaglia al valore.

 

La visita pastorale del cardinal Ferrari - I sacerdoti della parrocchia, ma non solo, si prodigarono moltissimo nell’infondere speranza ai Cernuschesi, preoccupati per i loro cari che erano al fronte.

“Quando venne in visita pastorale (ottobre 1916) il santo cardinal Ferrari - visita senza festività, ma quanto mai provvidenziale a confortare, ad asciugare lacrime, ad infondere speranza, a incitare alle preghiere e al sacrificio - volle visitare anche l’associazione, anzi sedersi coi giovani nella sala delle riunioni a dire la sua parola di compiacimento, di incoraggiamento, e donando la sua benedizione a tutti, ma specialmente ai soci militari.”

A destare sconcerto nella comunità cristiana di allora non erano solo le tragiche notizie che arrivavano dai campi di battaglia ma anche le polemiche che alcune forze politiche alimentavano nel nostro paese.

“E alla prova terribile della guerra si aggiunsero anche le amarezze per le nostre associazioni; nonostante le prove ripetute di fedeltà alla voce della patria, perché in unione di spirito col Pontefice si pregava per la pace, eccoli i cattolici accusati di essere dei disfattisti (?!). Dall’altra parte insorgevano i socialisti a segnalare i cattolici come i fautori e i responsabili della guerra al popolino, ignaro e solo conscio del proprio dolore perché le case erano vuote di gioventù e di lavoro, e molti ormai i caduti, e nulla faceva prevedere vicina la fine. A tempo e luogo, con prudenza ma con energia, sapevano i nostri giovani rintuzzare le accuse degli uni e degli altri e dire la parola della verità e della bontà al popolo. Ammirati e devoti alla parola pacificatrice del Pontefice prendevano parte con fervore alle belle funzioni propiziatorie promosse in chiesa per una pace giusta e duratura; e a quando a quando con la stampa facevano le loro affermazioni di leale devozione alla patria.”

 

Da Caporetto alla Nota del Papa - Tra i giovani al fronte e quelli rimasti a casa si instaurò un ponte ideale, suggellato dalla preghiera e dalla fitta corrispondenza.

“Due anni cupi il 1917 e 1918 in piena guerra, e vi furono dei momenti difficilissimi … Nelle terribili giornate di Caporetto, i giovani (rimasti a casa) furono animati alla preghiera e alla speranza mediante adunanze speciali, che il Prevosto stesso presiedeva, come lui ancora ogni settimana (vecchia stoffa di patriota) illustrava l’eroismo dei nostri soldati sui diversi punti dello scacchiere di guerra. Difendeva pure le giustezze delle viste del Pontefice Benedetto XV, che erano tutt’altro che contrarie alle giuste aspirazioni dell’Italia. Oggi tutti indistintamente,  che lungimirante e esperto conoscitore del mondo politico europeo, dicono Papa Benedetto XV veramente ispirato dall’alto a condannare la guerra fratricida, mentre i diritti di ogni popolo potevano essere salvaguardati da intese internazionali. Specialmente la Nota Pontificia dell’agosto 1917 fu tema di diverse conferenze.”

Papa Benedetto XV sfidò l’impopolarità e gli oltraggi con la citata Nota, in cui non si limitò a invocare la pace, ma smascherò i veri scopi delle potenze in lotta. I governi belligeranti lanciarono contro di lui accuse di disfattismo, mentre i soldati delle trincee videro interpretati nelle sue parole il loro orrore e la loro disperazione. La Nota si concludeva con una frase che sarebbe divenuta storica e citatissima, come condanna generale degli “scopi della guerra” sbandierati da tutti i contendenti: ogni sforzo deve essere fatto per giungere alla “cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più appare un’inutile strage”.

 

La tanto sospirata pace - “E intanto le file dell’associazione si assottigliavano ancora di più, partivano anche i giovanissimi della classe 1900! Finché non venne la sospirata pace! E le campane diedero il lieto annuncio un giorno e una notte intera, e pareva che a quell’annuncio non ci fosse più pace per nessuno, tanto fu l’orgasmo della gioia! E incominciarono ai primi del 1919 a ritornare i soci soldati più anziani.”

Si concludeva così una carneficina che aveva causato 8 milioni di morti (circa 700.000 italiani), anche per il massiccio impiego di nuove e potenti tecnologiche belliche. Le popolazioni civili erano state coinvolte e sconvolte dalla guerra alla pari degli uomini al fronte, con enormi conseguenze sulla struttura demografica e sociale europea.

 

Dieci anni dopo la fine del conflitto, l’11 febbraio del 1929, all’ex oratorio maschile di via Briantea fu posta una lapide con i nomi di “ben 127 soldati caduti in guerra, morti durante la guerra o in conseguenza della guerra, con la dedica: Nel decennale della Vittoria le associazioni cattoliche qui dove crescono le nuove generazioni i nomi dei gloriosi caduti posero.”

Ma quella lapide ora non c’è più, è stata abbattuta con il vecchio cinema.
Già tutto dimenticato? Speriamo proprio di no!

 

Sulla scelta di enfatizzare il 4 novembre, in occasione del 90° della fine della prima guerra mondiale, siamo d’accordo con chi ha espresso delle perplessità, perché, su quel conflitto, la lettura più accreditata rimane quella che diede Benedetto XV: “un’inutile strage”. E siamo pure d’accordo con chi ha ricordato che “i cattolici italiani possono tuttora guardare con fierezza alla mobilitazione di cui si resero protagonisti – inutilmente, ahimé – nella primavera 1915 per evitare l’entrata in guerra del Paese: una fierezza da ribadire sommessamente oggi, in quanto i cattolici avevano visto giusto circa il baratro che la guerra avrebbe aperto (immani lutti, più il terribile dopoguerra sfociato nel fascismo).”

Auguriamoci e operiamo, quindi, affinché si rafforzi sempre più nella coscienza di ognuno il rifiuto della guerra come strumento per risolvere le controversie tra le nazioni.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

 

Cernusco sul Naviglio, 3 novembre 2008

 

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