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HOME > La Nota della Settimana > Settimana 14/2010

“Cristiani, fate risplendere la luce di Cristo”
Vicinanza e gratitudine per i nostri preti

 

Dalle celebrazioni del Triduo pasquale che si sono svolte nella nostra prepositurale di Santa Maria Assunta, raccogliamo alcune riflessioni che ci possono aiutare nel nostro cammino di fede e orientare nel nostro impegno quotidiano.

L’omelia della Messa nella “Cena del Signore” del Giovedì Santo è stata dedicata da don Andrea, responsabile degli oratori cittadini, al tema del sacerdozio. Dopo aver ricordato che tutti abbiamo ricevuto il sacerdote comune dei fedeli (con il Battesimo siamo, infatti, stati “inseriti in Cristo” e chiamati a far parte della “stirpe eletta, il sacerdote regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui.”) si è soffermato poi a parlare più diffusamente del sacerdozio ministeriale (proprio di coloro «che vengono scelti perché siano rappresentanti di Cristo pastore e in suo nome sostengano la vita di fede e di carità di tutti i fedeli attraverso la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti, la guida della comunità, nella continuità della tradizione apostolica»).

Successivamente, richiamandosi all’attualità, ha dapprima espresso profondo dolore per quei preti che con i loro comportamenti hanno tradito la loro missione e hanno arrecato un gravissimo danno alla Chiesa, quindi, ha proposto una citazione del santo Curato d’Ars (modello posto dal Papa alla meditazione dei preti e dei fedeli della Chiesa Cattolica, nell’anno sacerdotale che si sta celebrando) che gli è stata di conforto in queste settimane: “Quando si vuol distruggere la Chiesa - diceva il Santo Curato d’Ars - si comincia con il combattere i preti, perché quando non ci sono più i sacerdoti non ci sono più i sacramenti, dove non ci sono più i sacramenti non c’è più il perdono, quando non ci sono più i sacramenti e il perdono non c’è più la fede, in una parola non c’è più la Chiesa.”

Don Andrea ha poi concluso la sua omelia con un vivo ringraziamento ai ragazzi, adolescenti, giovani e famiglie della nostra Comunità pastorale per tutto quanto in questi anni hanno saputo dimostrargli in collaborazione, affetto e amicizia.

Noi vogliamo esprimere ai nostri preti, in questo momento per loro particolarmente delicato, tutta la nostra vicinanza, con la preghiera e l’amicizia, la nostra gratitudine e fiducia. Certi, prendendo a prestito un’altra citazione del Santo Curato d’Ars,  che “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il Buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina.”

 

Al termine della tradizionale processione del Venerdì Santo con la statua della Madonna Addolorata e il simulacro del Cristo deposto, dal santuario di Santa Maria alla chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta, il prevosto della città, don Ettore Colombo, riallacciandosi al fatto storico della morte di Gesù e a quanto ha avuto modo di leggere nei giorni precedenti, ha detto che “la maggior parte degli studiosi considera il 7 aprile dell’anno 30 la data più attendibile in cui collocare la morte di Gesù di Nazaret. Se è vero, questo significa che noi oggi facciamo memoria dei 1980 anni della crocifissione e morte di Gesù.

La nostra fede non si basa su delle dicerie o delle parole astratte ma su un concreto avvenimento storico, che rimanda a una persona concreta, Gesù di Nazaret, appartenente a un famiglia di Giudei della Bassa Galilea nato qualche anno prima della morte di Erode. Aveva circa 36 anni quando subì la tragica morte e venne deposto in un sepolcro per essere riconosciuto poi come Signore e Messia, dopo essere tornato dai morti e essersi mostrato vivo in mezzo ai suoi. Questo è il cuore della nostra fede.”

Infine, dal prevosto è venuto l’invito, «sorretti dalla testimonianza di quanti ci hanno preceduti nel segno della fede» a «manifestare il nostro affetto per il Signore,  mettendoci in adorazione della croce. Il Crocifisso  che riconosciamo come risorto e presente in mezzo a noi ci rende capaci di guardare anche al dramma della morte, come conclusione della vita terrena, con quella serenità e quella pace di chi sa che questa non è l’ultima parola. Gesù ha realmente santificato e reso luogo di speranza molte situazioni della nostra vita, perfino il sepolcro, perché non ci sia proprio nulla che ci possa allontanare da Dio.»

 

Nella Veglia pasquale nella “Resurrezione del Signore, don Ettore Colombo ha dapprima ricordato che sono “quattro i segni che utilizziamo in questa solenne celebrazione - la luce, la parola, l’acqua e il pane - e tutti facilmente ricollegabili alla persona di Gesù” perché “Egli stesso nel Vangelo dice Io sono la luce del mondo, Io sono la parola del Padre, Io sono l’acqua che disseta per la vita eterna, Io sono il pane disceso dal Cielo”.

“Quattro simboli - ha proseguito il prevosto - che ci trasmettono l’annuncio della Risurrezione di Gesù, della vita che rinasce dopo la morte, ma che hanno a che fare anche con ciascuno di noi.” Infatti, ha subito aggiunto: “Noi siamo illuminati dalla Sua luce, altrimenti non sapremmo camminare al buio. Noi siamo istruiti dalla Sua parola, così che possiamo discernere la Sua volontà. Noi siamo purificati dalla Sua acqua, così che la nostra vita sia perennemente nuova. Noi siamo sfamati dal Suo pane, così che possiamo nutrirci di Dio. In una parola, a noi è data la grazia di entrare in contatto con l’esperienza del Signore risorto e allo stesso tempo ci è dato il compito di darne testimonianza nella vita di ogni giorno.”

Il passaggio centrale dell’omelia del responsabile della nostra Comunità pastorale è stato quindi un forte invito ai cristiani cernuschesi a riscoprire il proprio impegno, vincendo ogni possibile timidezza e paura, consapevoli che “in un mondo che spesso ama vivere nelle tenebre e si compiace dell’oscurità, come cristiani siamo chiamati a far risplendere la luce di Cristo per ogni uomo e non solo per noi. In un mondo che si perde dietro a vani ragionamenti ed è sommerso da inutili parole, noi come discepoli del Signore siamo invitati a rimanere in silenzio e in ascolto della Sua parola di salvezza per poi poterla proclamare a tutti. In un mondo che ha fame e sete di giustizia e anela alla verità noi come eredi dell’azione di Dio e della promessa fatta ai nostri padri, siamo spinti a condividere con tutti l’acqua della salvezza e il pane della vita.”

 

Un compito certamente impegnativo, quanto mai attuale e necessario, anche per la nostra città. Un compito che ci chiama a vincere la tentazione della mediocrità e dell’indifferenza e a rifuggire da un accomodante ed opportunistico quieto vivere. Un compito che ci chiede il coraggio dell’umiltà e la libertà da ogni condizionamento.

Buona settimana!

Carlo & Ambrogio

Cernusco sul Naviglio, 5 aprile 2010.

 

 

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