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La Carità e la Missionarietà sono una chiamata personale

DANIELE RESTELLI, CHE SUCCEDE A DARIO GELLERA COME COORDINATORE DELLA CARITAS CITTADINA, NE TRACCIA IL PROFILO E NE INDIVIDUA LE PRIORITÀ D’AZIONE

La Caritas e la Comunità pastorale
Sono stati fatti grandi passi nell'educare la comunità a pensare alla Caritas non come ad un'associazione terza ma ad una parte essenziale della Chiesa locale e del suo modo di essere, eppure ancora molto rimane da fare: quali le priorità in questo senso?
Ritengo fondamentale continuare a ricordare ciò che si da per sottinteso nella domanda: la Carità e la Missionarietà sono un elemento essenziale della comunità cristiana. Per spiegarmi meglio prendo in prestito una parte della premessa della sezione del Progetto Pastorale della nostra comunità che riguarda la Pastorale della Carità e Missionaria: “Così come non è possibile delegare un’altra persona a partecipare alla Messa al nostro posto, non è possibile delegare altri a vivere la carità in nostra vece. Essere cristiani significa abbeverarsi alla Parola di Dio, nutrirsi dei Sacramenti, trasformare questi nutrimenti in Amore (Carità, ovvero amore che si dona); il tutto in una spirale virtuosa. La mancanza di anche uno solo di questi tre elementi rende inefficaci gli altri due, almeno nella prospettiva della fede”. Per me la Caritas ha come compito fondamentale quello di aumentare la sensibilità della comunità ai fratelli più bisognosi e ricordare a ogni cristiano che la missione è una chiamata personale che il Signore ci invita a vivere quotidianamente.

Come pensate di coinvolgere sempre più la Comunità in termini di sensibilità e condivisione delle scelte operate?
Negli ultimi mesi ci siamo interrogati su questo punto e abbiamo deciso di creare una piccola commissione che si occupi della comunicazione delle attività di Caritas e Farsi Prossimo in modo che la comunità possa prendere sempre più coscienza della grande mole di lavoro che viene portato avanti, spesso in silenzio, dalle decine di volontari che operano quotidianamente nei diversi servizi attivi. Da questa attività di promozione delle nostre attività ci aspettiamo che derivi una presa di coscienza dei tanti bisogni che ci sono anche a Cernusco (perchè dietro all'apparente facciata di città benestante si celano tante situazioni di difficoltà) e di conseguenza un allargamento della base di volontari e del sostegno economico indispensabile per far fronte ai bisogni che sono in costante aumento.

Quali modalità per rivolgersi ai giovani e quali opportunità sono loro offerte per "lavorare con Caritas"?
Se non sbaglio negli scorsi anni c'è già stata collaborazione su alcune attività puntuali con i giovani e giovanissimi dell'oratorio. Sono sicuro che con don David troveremo le modalità migliori per far incontrare sempre di più la Pastorale giovanile con quella della Carità e Missionaria e proporre ai giovani delle attività alla loro portata. Di questo vi daremo notizia nei prossimi mesi.

Quale ruolo per Caritas nella comunità educante di Cernusco?
Credo che il ruolo di Caritas possa essere quello della testimonianza. Attraverso i volti e i racconti dei molti volontari che quotidianamente si spendono per portare l'amore di Cristo e della comunità a chi ha più bisogno, Caritas può mostrare ai ragazzi un modo diverso di relazionarsi con i fratelli. Con alcune azioni puntuali poi mi piacerebbe coinvolgerli perché possano sperimentare in prima persona azioni di carità e attraverso queste sentirsi missionari.

La Caritas e le emergenze di questa città

Cernusco è una realtà relativamente ricca, anche soltanto guardando a comunità a noi molto vicine, eppure ci sono anche qui emergenze e povertà dettate in modo particolare da una crisi che "non molla" ormai da parecchi anni. Quali sono quelle che Caritas vede come più urgenti?
Sicuramente il lavoro e la casa. Non a caso sono due tematiche sulle quali stiamo cercando di smuovere le coscienze attraverso due progetti mirati.

Una delle "emergenze" poste alla nostra quotidiana attenzione è quella dell'immigrazione dall'altra sponda del Mediterraneo: ci sono coinvolgimenti "locali" ed iniziative in gioco su questo tema?
No, al momento non abbiamo pensato a nulla di dedicato direttamente al tema dell'immigrazione.

Una delle linee guida di questi ultimi anni è stata quella di rendere la Caritas Citttadina un soggetto interlocutore dell'Amministrazione Comunale e di altre realtà sociali del territorio, ricordiamo i progetti in risposta all'emergenza abitativa, all'inclusione sociale, Come vanno questi progetti? C'è qualcosa di nuovo che "bolle in pentola"?
Innanzitutto è bene ricordare che per le “questioni pratiche” negli scorsi anni è stata costituita l'Associazione Farsi Prossimo che non coincide con Caritas ma ne è in un certo senso complementare.
Gli spazi destinati all'emergenza abitativa sono aumentati in questi anni ma sono sempre insufficienti e questa è una delle cose che più mi ha stupito al mio rientro. In una città benestante come la nostra, con tanti appartamenti vuoti, si fa sempre fatica a trovare uno spazio a prezzi decenti quando abbiamo una famiglia in difficoltà. L'idea iniziale del “progetto casa” di fare da volano per stimolare anche i singoli cittadini a mettere a disposizione degli appartamenti per le persone in difficoltà sembra ancora non decollare. Mi auguro che prossimamente si possa fare di più in questo senso.
L'ultima novità in fatto di progetti è sicuramente lo sportello lavoro recentemente attivato in collaborazione con le ACLI.

La Caritas e la missionarietà
A Caritas fanno capo anche le iniziative di sensibilizzazione alla missionarietà, un tema a voi caro: ci sono iniziative che ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro per tenere desta l'attenzione missionaria nella comunità?
Sicuramente l'occasione più prossima sarà l'ottobre missionario, anche se ritengo che il tema della missionarietà vada affrontato con molta calma, iniziando dal significato stesso che spesso viene confuso semplicemente con un calendario di eventi di raccolta fondi da inviare in missione. Come dicevo prima la missione non è solo partire per andare alla fine del mondo, ma consiste nel vivere il quotidiano alla luce del Vangelo, aperti all'incontro con i fratelli che ci circondano.

Che rapporti ci sono tra Caritas ed i tanti gruppi che sostengono ciascuno le iniziative di un particolare "missionario cernuschese"?
Al momento non ho ancora avuto modo di contattare questi gruppi ma mi risulta che non vi siano rapporti istituzionali costanti. Mi piacerebbe sicuramente riavviare un dialogo con chi è disponibile a collaborare ad attività comuni di promozione delle tematiche missionarie.

Daniele, la famiglia e la Bolivia
Come vi trovate tornati a Cernusco dopo gli anni passati in Bolivia? Cosa è stato più semplice e cosa più difficile accettare?
Ci sentiamo a casa, e questo creda sia la cosa più bella. Mentre eravamo in Bolivia la cosa che più ci mancava, oltre alle nostre famiglie e al cibo italiano, erano le relazioni con gli amici lasciati a Cernusco.
Una cosa che ci sta un po' stretta è sicuramente quella di essere “solo” in cinque quando chiudiamo la porta di casa: là' eravamo abituati ad essere sempre otto o dieci più i vari ospiti di passaggio.
L'altro dono grande che purtroppo è rimasto in Bolivia è quello che chiamiamo “dell'unità di vita”. La eravamo inviati a svolgere un compito di presenza, di relazione, di annuncio che non aveva orari. Dalla sveglia a quando andavamo a dormire la nostra vita era dedicata a questo “compito” sia che fossimo a casa, al lavoro, con i bimbi... mentre qui è tutto un po' più a compartimenti stagni: porta i bimbi a scuola di corsa, arriva al lavoro in tempo, torna a casa, porta i bimbi alle varie attività, fai la spesa... ed arriva sera che spesso non c'è stato tempo di dedicarsi ad altro che non sia noi stessi; in questa dimensione stiamo proprio un po' stretti anche se per fortuna abbiamo dei lavori che ci permettono di mantenere desta l'attenzione all'altro. E poi ci aspettiamo che da questo incarico ricevuto dalla Comunità possa riprendere il nostro impegno per gli altri con modi e tempi un po' più ampi rispetto a questo ultimo anno passato “in stand-by”.

Che contatti sono rimasti con le persone conosciute durante il periodo a Cochabamba?
Per quanto riguarda gli amici lasciati a Cochabamba, la questione è particolare e si capisce credo solo vivendo un'esperienza di allontanamento: nonostante la tecnologia permetta oggi meraviglie, i contatti sono scarsi e spesso limitati a questioni legati ai progetti avviati. Questo perchè con il cuore vorresti essere la' e se non dai un taglio probabilmente passeresti mezza giornata a scrivere mail e a fare chiamate col computer. La stessa cosa ci è capitata quando eravamo la, i contatti diretti con gli amici sono stati molto pochi.

Per concludere vorrei ringraziare Don Ettore, Dario e tutto il gruppo Caritas per aver avuto fiducia in me e avermi proposto questo compito.

intervista a cura di Giancarlo Melzi

 

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