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CINQUANT’ANNI FA LA PRIMA MESSA IN ITALIANO

Il 7 marzo 1965, anche nella Parrocchia Santa Maria Assunta, allora l’unica di Cernusco, entrava in vigore la riforma liturgica della Messa, funerali, matrimoni, bat­tesimi e degli altri sacramenti.

 

La riforma fu un frutto del Concilio Vaticano II che portò alla scelta delle lingue nazionali invece che del latino, all’arricchimento di testi della Scrittura e al celebrante non più con le spalle ai fedeli ma rivolto verso di loro. Riforma accompagnata da una parola-chiave: partecipazione.

Nelle domeniche precedenti a  quella prima domenica di marzo i cernuschesi si prepararono alla riforma della liturgia, «perché la riforma segni per ciascuno di noi e per tutta la famiglia parrocchiale - scriveva don Arcangelo Rossignoli, l’allora prevosto di Cernusco, su Voce Amica di gennaio 1965 - una vera trasformazione. Tende innanzitutto a rendere il rito più vero, più adatto a rivelare l’autentico mistero di Cristo in una lingua maggiormente comprensibile agli uomini del nostro tempo, per noi si capisce sarà l’italiano.»

«Il protagonista della Santa Messa – scriveva ancora don Arcangelo - è Gesù Cristo, presente nella persona del celebrante. Gli attori sono i fedeli che assistono, che, per essere veri attori, dovrebbero dialogare, agire in unione con il protagonista. Gli spet­tatori sono le persone della Santissima Trinità: il Padre, il Figlio, lo Spi­rito Santo. Due sono le idee più lontane dalla nostra mentalità: il concetto di Gesù protagonista e l’altro di popolo attore.» «I fedeli in chiesa potranno assolvere il loro compito di attori con una triplice partecipazione: partecipazione interna, attuata con devota attenzione della mente e con affetti del cuore, attraverso la quale i fedeli strettissimamente si uni­scono a Gesù Cristo, sommo Sacerdote; partecipazione esterna, manifestata con atti esteriori, come sono la po­sizione del corpo, stando in ginocchio, in piedi, seduti; con gesti rituali; soprattutto con le risposte insieme a tutta la comunità, con le pre­ghiere, con il canto; partecipazione sacramentale, realizzata con la Comunione Eucaristica, fatta, appena è possibile, durante la Santa Messa, per avere più copiosi frutti dal Santissimo Sacrificio.»

 

«Da questo semplice richiamo – aggiungeva il prevosto Rossignoli - balza subito all’occhio l'assurdo di tanta gente, che va alla Santa Messa per compiere un atto di pietà individuale e forse cerca l’angolo più remoto per non essere disturbata, mentre il sa­cerdote per conto suo celebra il divin Sacrificio. Non bisogna dimenticare l’aspetto sociale dell’azione liturgica della Santa Messa. La Santa Messa e la Comunione sono state istituite da Gesù per ce­mentare l’unione ed il legame tra i fratelli con Dio. L’assemblea liturgica deve di nuovo ritornare al senso antico del ter­mine ‘convocazione’. Tutti sono convocati e tutti devono svolgere parte attiva.»

«Uno dei cardini della riforma liturgica - ha affermato il teologo Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale in un intervista ad Avvenire del 26 febbraio scorso - è stata la partecipazione piena, attiva e consapevole dell’assemblea. Basta con i fedeli che restano soltanto ‘spettatori’ muti ed estranei. E la scelta di aprirsi alle lingue nazionali andava in questa direzione.» Sequeri – dopo aver sottolineato che «accanto a riflessioni ed esperienze proficue, si sono registrate diverse forzature»  sulla partecipazione – ha aggiunto che «è venuta a mancare una dimensione»: quella che fa percepire «la possibilità che la liturgia crei un senso di adorazione per il mistero. Ciò significa che rientrano nella partecipazione anche il silenzio, la sosta, la quiete e addirittura la passività giusta per essere toccati da Cristo e non solo metterci le mani sopra. Il resto è una questione di animazione».

«Si può avere una celebrazione di grande intensità anche se è soltanto di quaranta minuti – ha concluso Sequeri - dove ogni parola, ogni gesto, e ogni silenzio sono così al loro posto che si fanno trasparenti e mostrano il volto del Signore.” Ciò è quanto il nostro Arcivescovo ci invita a riscoprire in queste prime tre domeniche di Quaresima, a partire dal silenzio, con alcune brevi commenti che sono settimanalmente riportati su “Il Foglio” e che siamo invitati a leggere.

 

Cernusco sul Naviglio, 2 marzo 2015

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