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AVVENTO: UN TEMPO PER ATTENDERE, CAMMINARE E GIOIRE

Nella nostra Comunità pastorale, come in tutte le parrocchie della nostra diocesi che seguono il rito ambrosiano, con domenica 17 novembre è iniziato l’Avvento.

 

È questo il tempo liturgico che ci prepara alla celebrazione del Santo Natale. Quaranta giorni da vivere – come ha scritto padre Ugo Sartorio – attivando tre verbi: attendere, camminare e gioire.

Attendere - «L’Avvento porta ogni anno una ventata di aria nuova. Essendo un tempo inaugurale ci permette di rimettere in ordine i pensieri, di riallineare i desideri, di riorganizzare la progettualità, magari dopo periodi di stanca nei quali la vita si è ingarbugliata. Si ricomincia a fare sul serio, intuendo che nel fluire del tempo il Signore ci offre opportunità che sarebbe un peccato sprecare. La prima di queste è riattivare la nostra attesa. Attendere il Signore non è possibile se non si sta all’erta, scrutando la Parola e leggendo i segni dei tempi. Spesso, purtroppo, l’attesa dei cristiani non è così evidente, e a tal proposito fanno pensare le parole dello scrittore Ignazio Silone, credente inquieto, il quale era solito dire: “Diffido di quei cristiani che attendono la venuta del Signore con la stessa indifferenza con cui sul marciapiede si aspetta il tram”. Qualificare l’attesa è dunque il primo atteggiamento per andare verso il Natale da protagonisti.»

Camminare - «C’è poi un secondo verbo che conduce alla grotta di Betlemme, camminare. L’uomo è un essere che cammina …  Pensate a Gesù che duemila anni fa camminava sulle strade della Palestina incontrando i discepoli e le folle, i ricchi e i poveri, con una predilezione per i secondi. Per lo scrittore Mauro Corona, uomo ruvido e schietto, amante dei boschi e delle montagne, per camminare necessitano tre cose: un po’ di tempo, molta volontà e buone motivazioni. Le prime due, dice ancora Mauro Corona, si possono trovare abbastanza facilmente, la terza è invece la più difficile. Mettere un piede davanti all’altro mille e mille volte non si può fare se non ci sono buone motivazioni. E questo vale anche per il nostro cammino verso il Natale. Dobbiamo innanzitutto trovare buoni motivi, magari rispolverando quelli assopiti di una volta rimettendoli a fuoco. Oppure, riscegliendo la direzione.»

Gioire - «C’è un altro verbo che va ripreso e ripassato perché l’Avvento corra al suo esito: gioire. Senza gioia, Natale non sarebbe Natale. Anche se la gioia del Natale è spesso come una cartina al tornasole che mette in evidenza tutte quelle situazioni in cui la gioia non c’è, la serenità e la pace interiore mancano ... Anche nella sofferenza, nonostante la sofferenza – anche se non è facile – può essere custodita e alimentata la fiammella della gioia. Sono convinto che solo la gioia che sa resistere agli attacchi anche corrosivi della vita (imprevisti, perdite, insuccessi) è provata e quindi davvero nostra. Natale è il tempo di questa gioia discreta, poco appariscente, vera. A tu per tu con Dio, per il quale siamo amabili, sempre.»

Cernusco sul Naviglio, 17 novembre 2014

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