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SCOLA: “INCONTRANDO I DETENUTI
SI IMPARA A CONVERTIRSI”

Lo scorso 13 giugno, nel pomeriggio, il nostro Arcivescovo, Angelo Scola, ha visitato il carcere di San Vittore, a Milano, incontrando numerosi detenuti.

 

«In questo incontro con i detenuti – ha detto Scola - si impara come si fa a cambiare interiormente, a convertirsi. E questo non vale solo per i detenuti ma per me e per tutti». Un’esperienza di ascolto e dialogo sui temi della pena, dell’espiazione, delle relazioni, della fede. «Mi ha colpito la profondità dei loro interventi e delle riflessioni che hanno posto». Scola ha lodato «i cappellani, le religiose, i volontari che fanno un lavoro straordinario di accompagnamento umano e spirituale con i carcerati». E infine il cardinale Scola ha rivelato: «I detenuti hanno chiesto a me di istituire una “zona franca” dove riprendere a lavorare e tornare a sperimentare le proprie capacità di essere a servizio della società. Studieremo subito come rispondere a questa loro esigenza così importante mettendo a disposizione le risorse del Fondo famiglia-lavoro».

Il cardinale Scola ha avuto un colloquio prima con le donne nel reparto femminile, poi ha portato il suo saluto ai ricoverati del centro clinico presente all’interno del carcere, infine è sceso alla “Rotonda” dove si è intrattenuto con gli ospiti di tutti gli altri raggi. «È stato un gesto di attenzione molto bello da parte dell’Arcivescovo – ha detto il cappellano del carcere - la dimostrazione, come lui stesso ci ha indicato nella lettera pastorale, che il campo in cui noi cristiani siano chiamati a operare è veramente il mondo, tutto il mondo, compreso questo angolo della città», ha concluso il cappellano.

«Nel terzo millennio, più che rinnovare le carceri, è ora di trovare nuovi metodi per l’espiazione della pena», aveva detto il cardinale Scola, lo scorso 24 dicembre, durante l’omelia della Messa della vigilia di Natale celebrata nel carcere milanese di Opera. «Non intendo dire – aveva precisato l’Arcivescovo - che devono essere chiusi gli istituti di pena, ma che a partire dalle tante esperienze buone che vedo nelle carceri è possibile introdurre qualcosa di nuovo nel percorso di ripresa cui è chiamato ogni detenuto in quanto uomo». Scola aveva suggerito di partire da ciò che educa l’uomo, cioè «i fondamentali della vita: l’esperienza degli affetti, del lavoro, del riposo, del dolore, dell’edificazione della società». Tenendo presenti, aveva anche aggiunto, «le giuste esigenze di sicurezza» e al contempo «senza alimentare le paure della società, che sono sempre cattive consigliere» L’Arcivescovo aveva pure invitato i detenuti a non trovare scuse, a non rassegnarsi. Le spesso difficili condizioni di detenzione non devono essere motivo, aveva spiegato, per pensare «cambierò quando ci saranno le condizioni adatte per farlo». Il cambiamento, aveva aggiunto Scola, «è personale e in quanto tale può avvenire in ogni momento. Non dipende dall’esterno, ma da me».

Cernusco sul Naviglio, 23 giugno 2014

 

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