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HOME > In Diocesi > 7 Ottobre 2013

FORTEZZA: PREZIOSA RISORSA IN UN TEMPO DI CRISI

In occasione della 21^ Giornata Mondiale della Salute Mentale - celebrata lo scorso 10 ottobre - il cardinale Scola - dopo aver osservato che “questi anni di crisi hanno fatto venire a galla un profondo senso di precarietà, di incertezza, di paure a livello sia individuale che comunitario” e che “ci si spaventa alle prime difficoltà, lasciando quanto si è intrapreso poco prima” - ha invitato ad accompagnare con  speranza e fortezza chi è provato dalla sofferenza e dalla malattia.

 

 «Accompagnare persone che soffrono – ha esordito il nostro Arcivescovo nella sua lettera ai famigliari e operatori sanitari in occasione della 21^ Giornata Mondiale della Salute Mentale - chiede speranza da una parte e fortezza dall’altra, due virtù più che mai necessarie in un tempo di travaglio come quello che stiamo vivendo. Sia la speranza, virtù teologale, quindi frutto della grazia, sia la fortezza, una delle virtù cardinali, quelle essenziali per una vita umana pienamente matura, coinvolgono pienamente gli affetti. Oggi spesso ci si chiede se valga la pena impegnarsi dal momento che, in un tempo caratterizzato più da tendenze involutive e addirittura depressive che da segnali di ripresa e di crescita, non sembrano esserci evidenti spiragli di luce. Questi anni di crisi hanno fatto venire a galla un profondo senso di precarietà, d’incertezza, di paure a livello sia individuale che comunitario. Ci si spaventa alle prime difficoltà, lasciando quanto si è intrapreso poco prima. Sembrano essere lontani i tempi in cui si era motivati a perseverare nelle difficoltà, nel lavoro, nella vita coniugale e relazionale. Come dare il meglio di sé, in una ricerca del bene, di un bene che non è solo personale, ma anche comunitario?”

Per il nostro Arcivescovo “la virtù cardinale della fortezza determina la decisione di affrontare e superare le paure, gli ostacoli, di resistere alle avversità senza scoraggiarsi. Questa virtù è richiesta anche a noi oggi in modo particolarmente urgente.»

Accettare il proprio limite richiede di essere molto amato - «Viviamo in un contesto che tende a valorizzare l’effimero – continua il nostro Arcivescovo nella sua citata lettera - che cerca di sfuggire sofferenze, paure e dispiaceri, come se fossero eccezioni e non circostanze della vita umana. In particolare si cerca di evitare tutto quello che ci ricorda o ci anticipa la morte come la malattia, la vecchiaia, le esperienze di separazione o di perdita. Invece, solo accettando il nostro essere uomini limitati potremo trovare il giusto coraggio, quell’audacia necessaria per guardare le nostre impotenze così da poter accettare come occasioni di crescita le varie esperienze di solitudine, frustrazione, le tante tristezze che rischiano di spegnere il desiderio di vita. E questa vulnerabilità tocca anche la nostra psiche come accade con le umiliazioni subite da chi ha perso il lavoro, da chi è stigmatizzato come malato mentale, da chi ha fallito nel tentativo di ricostruirsi una vita dignitosa. Accettare il proprio limite richiede di essere molto amato. Come ci ricorda San Paolo nella Seconda Lettera ai Corinti “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio” (2Cor 4,7): la nostra debolezza può diventare espressione della forza di Dio, di un Dio al quale possiamo affidare le nostre tribolazioni e nel quale possiamo riposare con fiducia così da affrontare le varie situazioni, anche le più gravi, senza panico confidando nel Suo aiuto e nella Sua forza. È infatti in questi momenti della nostra vita, davanti a insuccessi e sofferenze, che la virtù della fortezza ci sorregge.»

 

Cernusco sul Naviglio, 21 ottobre 2013

 

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