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HOME > Cernusco7 > 26 Gennaio 2015

DA 150 ANNI “AMBROGIO UBOLDO
È IN BENEDIZIONE DEI POVERI E DI TUTTI”

 

Chi era Ambrogio Uboldo? Una domanda quanto mai doverosa, soprattutto perché tra poche settimane ricorre il 150° della sua morte, avvenuta il 21 febbraio 1865.

 

 

In questi ultimi mesi abbiamo spesso parlato e scritto del nostro ospedale. Lo abbiamo fatto anche scrivendo semplicemente l’«Uboldo». Ma chi era Ambrogio Uboldo? Una domanda quanto mai doverosa, soprattutto perché tra poche settimane ricorre il 150° della sua morte. Infatti, il nobile Ambrogio Uboldo è nato il 29 gennaio 1785 ed è morto il 21 febbraio 1865.

Lo ricordiamo affidandoci al discorso commemorativo che fece il concittadino don Luigi Ghezzi (1887 – 1952) nella chiesa parrocchiale, che un tempo sorgeva in piazza Matteotti, il 18 dicembre 1927, durante la Messa delle ore 10, in occasione del primo cinquantenario di fondazione dell’Ospedale Ambrogio Uboldo (1877-1927). «La chiesa era veramente stipata come nelle grandi occasioni e nei posti distinti hanno preso parte il signor Podestà con tutte le autorità, l’amministrazione dell’Ospedale Uboldo e tutte le associazioni locali.»

 

«La nostra riconoscenza – riporta Voce Amica di febbraio 1928 - è veramente do­verosa alla memoria di Ambrogio Uboldo, che sulla scorta di Colui che passò beneficando, aprì e lasciò la sua casa agli infelici, e diede modo e mezzi di confortare e lenire tanti dolori di ritornare ad altri salute e vita.

Oh un Ospedale è la più bella e proficua be­neficenza; è un tesoro per un paese e per una città; è l’oasi del viaggio doloroso di molti e molti. Non c’è eredità più santa, non c’è dono più munifico, non c’è monumento più bello: l’Ospedale in una borgata, dopo la Chiesa, è il luogo più sacro! E Cernusco nostra ha il suo Ospedale: il dono, l’eredità, il monumento di Ambrogio Uboldo!»

«Ambrogio Uboldo, uomo dotato di beni di fortuna, e quel che più importa, di intelli­genza e attività, che gli diedero mezzo di mol­tiplicare la sua fortuna, doveva avere anche un animo nobilissimo. Condotto dalle vie misteriose di provvidenza ad avere proprietà qui a Cernusco, qui pensò di tenere la sua casa, il nido preferito, dove riposarsi dal logorio degli affari e delle pra­tiche quotidiane della città. Costruirà una villa da gareggiare col son­tuoso palazzo Alari-Visconti, e che sarà in prima fila colle case nobiliari Greppi e gli altri. Nelle sue sale una pinacoteca, un’armeria ed altre ancora preziosissime cose. Il giardino sarà meraviglioso, e nel disegno di Rougie, gareggerà col giardino pubblico di Milano. Quel luogo sarà, un insieme gustoso di natura, di arte e di poesia, e non mancherà un richiamo a quella fede cristiana, che della natura è interprete fedele, che dell’arte e del­la poesia è ispiratrice feconda!»

Siamo attorno al 1817 e con la costruzione della Villa Uboldo «in quegli anni Cernusco lavorerà e man­gerà, la costruzione darà lavoro alla nostra gente e la sfamerà. Quando curiosi e ammirati vi aggirate per il fantastico giardino, ricco di vegetazione co­me una catena di colline, e cogli incanti di rocce e antri, e ritornando vi domandate: co­me e perché questo paradiso? sostate e leggete la lunga epigrafe in marmo, che vi è murata. L’Uboldo la volle in latino, (artisticamente si voleva così) ma forse anche a celare ai più la sua carità, perché non sapesse la destra quel che fa la sinistra. L’epigrafe dice che a sovvenire le miserie dei poveri quel luogo fu tramutato di brulla pianura in un giardino incantato.»

 

«E la bontà dei suo cuore non la smentirà mai, e in morte il suo testamento sarà un testamento di carità. Notate Signori miei che non è un testamento dell’ultima ora, suggerito e dettato da altri; è un testamento pensato e ragionato, scritto due anni innanzi di morire, veramente quin­di prezioso nella sua nota dominante di carità.» Un testamento ispirato dall’«amore tenerissimo alla Vergine San­tissima».

«Quei poveri che hanno costruito la sua casa, saranno gli eredi suoi; la sua villa, la sua splendida villa, che ha visto tante feste, tante cacce, tanta letizia di compagnia vedrà an­che i dolori, le miserie, le sofferenze di questa povera umanità.»

 

«Egli era credente, Egli dunque ebbe l’amor di Dio, l’amore vero non a parole, e chi ama il Signore ama il prossimo, perché “Deus Charitas est”: e ricco di beni, fu più ricco di buon cuore, e allora i suoi eredi furono i po­veri di Cristo!

Oh ricchezze veramente bene spese! oh esem­pio preclaro di carità cristiane: se tutti i ric­chi avessero questa generosità e questa santa ambizione, no che i poveri maledirebbero mai alla loro sorte, o avrebbero come un fratelli il ricco.

Provatevi un momento o signori miei a ri­pensare ai cinquant’anni di vita dell’Ospedale: quanta carità spesa, quante lacrime asciu­gate, quanti dolori leniti, quante famiglie sol­levate col ricovero dei loro cari ammalati, quante anime assistite e aiutate a morire col conforto di non essere sole e abbandonate!»

 

«A noi non è dato di sapere quando il Signore riconosce degna del suo amplesso un’anima, quindi i suffragi devono essere conti­nui e fervorosi: ed eccoci qui noi a pregare suffragi per Ambrogio Uboldo; che se Dio già lo ha nella gloria, noi tuttavia compiamo un atto virtuoso, la riconoscenza dei beneficati al Benefattore. Ed io mentre alzerò il Calice Divino, per voi e con voi signori miei, ricorderò chi ha sa­puto battere le vie della bontà, chi ha lasciato un testamento di carità, e invocherò per Lui misericordia e premio. E dalla memoria di Ambrogio Uboldo, che è in benedizione dei poveri e di tutti, oh io mi auguro che altri, altri ancora in santa emu­lazione, delle loro ricchezze facciano monu­mento di fede e di carità.

Non è fuori luogo che io ricordi qui in bella e giusta armonia chi già si è messo sulla via, fiorita di carità, segnata dall’Uboldo. Be­nedetta la memoria del compianto monsignor Luigi Biraghi, nostro concittadino, che amico vero, e vero cuore sacerdotale, consigliò l’Uboldo ad essere il benefattore del povero po­polo. E benedetta la memoria di Angelo Tiz­zoni e di Carolina Balconi.

E domani, e poi, e continuamente si allunghi la fila di questi nomi tutti in benedizione! La carità di queste anime generose che io ho qui ricordate siano sprone a tutti, per quel che ci è possibile, ad avere la carità in sommo onore, e in quotidiana pratica.»

 

«Questo giorno Signori miei, chiamatelo il dì della riconoscenza, ma ancora la giornata della carità, perché in tutti si sarà acceso il pro­posito della generosa carità … Oh sì in tutti dovrebbe sorgere la santa ambizione di fare erede delle proprie ricchezze l’Ospedale, che essendo la casa del dolore, è anche la casa del Dio, perché il Signore non è mai lontano da chi soffre. Saremo cristiani per davvero, veri seguaci del Cristo benedetto, quando in noi si sarà tradotta in pratica quotidiana il “charitas Christi urget nos” dell’Apostolo.»

 

Punto di vista - Sappiamo bene che attecchisce così raramente e con immensa fatica il fiore della solidarietà come quello della gratitudine. Ma ci auguriamo vivamente che questo 150° anniversario non passi inosservato!

 

 

Cernusco sul Naviglio, 26 gennaio 2015

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